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Toti, le intercettazioni mostrano sempre la vera faccia del potere

La trama è sempre la solita: il politico al vertice (in questo caso, il Presidente della Liguria) e il suo “cerchio magico” fatto di affaristi, funzionari e imprenditori con cui, si presume, i rapporti non erano così puliti. E anche la domanda è la solita: dopo anni, ancora non si sono accorti che le loro conversazioni vengono ascoltate?

Foto: Stefano Montesi/Corbis via Getty Images

Forse c’è da capirli, quelli che fosse per loro limiterebbero l’uso delle intercettazioni telefoniche e la diffusione su tv e giornali. Non per questioni di privacy o di coerenza con le indagini, o comunque non solo, ma perché sentire le conversazioni private di persone ricche e potenti, ignare di essere ascoltate, ci consente di mettere l’occhio nel buco della serratura, e lo spettacolo spesso è pessimo. Cioè, è questo il vero volto del potere? È così squallido, è così che lavora? E poi: è questo il prezzo da pagare per avere dei cittadini informati?

Il fenomeno in sé è un grande classico italiano, riguarda più o meno tutti gli ambiti ‒ basti pensare alle conversazioni di Calciopoli, piene di espressioni volgari, espedienti da poco e bassezze assortite ‒ e gran parte degli schieramenti politici. Però ecco, in questi giorni stanno uscendo quelle del presidente della Liguria Giovanni Toti, adesso ai domiciliari, e del suo “cerchio magico”, un giro di affaristi, funzionari e imprenditori con cui, si presume e s’intuisce, i rapporti non è che fossero puliti; per cui la trama è sempre la solita. Così com’è sempre la solita l’accusa, con Toti forse a capo di un grande sistema di scambio che coinvolge due pezzi da novanta del porto di Genova, cioè l’imprenditore Aldo Spinelli e l’ex presidente dell’Autorità portuale Paolo Emilio Signorini, più vari pesci piccoli. L’ipotesi è di una grande compagnia di merende, in cui il circolo si scambiava tangenti, concessioni, voti e il resto che già sappiamo. Per certi versi, la legge è lasca e sarà il giudice a stabilire se si stratta o meno di reato; resta che, ad ascoltare ciò che è venuto fuori, nessuno ci fa una bella figura.

Un bello spaccato di “potere reale”, per esempio, emerge da un’intercettazione al capo di gabinetto, ora dimissionario, di Toti, cioè Matteo Cozzani. Al telefono con Maurizio Ravaglia, segretario della Camera di Commercio di Genova (i tentacoli sono ovunque, tiè), dice così: «Il problema qual è stato? Che io avevo già truccato. Lui li ha presi e li ha riaumentati». Il «lui» della questione è ovviamente Toti, che avrebbe truccato a rialzo i dati dei contagi di Covid in Liguria, per poter avere più vaccini. E poi: «Quando me li ha rimandati ho guardato e gli ho scritto: “Ma cazzo presidente, ma sono fuori”. Ha detto: “Ma no, li ho un po’ aumentati”. “Ma l’avevo già fatto io”, gli ho detto. “Cazzo, dimmelo che lo hai già fatto te, così aspetto un secondo”». Una strategia un po’ spicciola, per danneggiare oltretutto le altre regioni.

La Stampa, poi, ieri ha tirato in ballo il caso di una spiaggia di Celle Ligure, dove Spinelli e il figlio stanno costruendo alloggi. «Guarda che abbiamo risolto il problema sul piano casa di Celle a tuo figlio», ha detto a un certo punto Toti proprio a Spinelli senior, come tra amici. «Ora facciamo la pratica, si può costruire. L’abbiamo risolto stamattina. Quando mi inviti in barca? Così parliamo un po’, che ora ci sono le elezioni. Abbiamo bisogno di una mano». Ognuno si faccia l’idea che crede. E ancora: un giro, pare, di prostitute per Spinelli senior (che ha 84 anni) a Monte Carlo; due personaggi legati alla mafia in Liguria che nel 2020 provano a vendere mascherine alla Regione Liguria perché «lì abbiamo Toti e Cianci», un suo politico di fiducia, anche se poi pare che la cosa non vada in porto; Signorini che, tra le altre cose, chiama Spinelli «il vecchio».

Ora, le sensazioni che suscita tutto ciò sono sostanzialmente due. La prima è quella, più semplice e sempreverde, per cui ci si chiede com’è che gli intercettati che ascoltiamo siano sempre e puntualmente così sfacciati: non sanno che se si fanno affari illeciti conviene non parlarne al telefono, non lasciare traccia? Evidentemente no, ma dopo tutto questo tempo e questi casi mediatici non si spiega com’è che non abbiano imparato la lezione. Per cui no, non c’è una risposta. La seconda sensazione riguarda, invece, il rimanere spiazzati davanti a dinamiche di potere così marcate, a favoritismi, volgarità e bassezze. Sono intrighi da House of Cards, ok, ma non hanno niente di cinematografico o di affascinante. Tolto il vestito buono dei comizi elettorali, viene fuori la vera faccia di chi prende decisioni: un potere che fa gli interessi soprattutto di sé stesso, che non ha riguardi per nessuno, che ha i nostri stessi vizi e per i nostri stessi vizi, alla fine, crolla; il potere è come noi, ma è una consapevolezza inquietante.

Perché intercettazioni come queste e come tante altre, che in Italia ascoltiamo da trent’anni, mettono davanti all’ignoto ‒ chissà quanto sommerso c’è, dovunque, che non possiamo neanche immaginare ‒ e soprattutto rappresentano uno spot a non credere. Per chi fa o vorrebbe fare l’imprenditore, sono un grande avviso all’ingresso: i modelli che vediamo come giusti e vincenti spesso nascondo altro, e la strada verso il successo non è evidentemente lastricata di buone intenzioni; osserviamoli con la giusta distanza, e la giusta critica. Per quanto riguarda il potere, invece, non è questione di complotti, ma è proprio che diventa difficile fidarsi. Specie se, come paradossalmente si auspicano le persone vicine a Toti, le intercettazioni di questo filone alla fine rimanessero tali, ma la legge decreterebbe che non costituiscono reato, perché alcuni cavilli non sono normati. Sarebbe un bel cortocircuito, in quel caso.

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