Un grande blocco sovranista che avrebbe cambiato per sempre gli equilibri europei. Spalleggiato dalla Russia, che ha creato movimenti dal nulla. Questi due luoghi comuni sono stati presenti prima e dopo le elezioni europee, da parte dei due fronti ideologici. Ma come spesso accade in questi casi, la situazione è molto più complessa. Abbiamo chiesto ad Anton Shekhovtsov, politologo dell’università di Vienna e autore del libro Russia and the Far Right, di ragguagliarci appunto sull’unità dei sovranisti riguardo alla cosiddetta “questione russa”. Cosa sta accadendo? «Salvini vuole creare un grande gruppo europeo, fondendo i conservatori di ECR, i nazionalisti di ENF (di cui già è membro) e gli euroscettici di EFDD (di cui sono membri anche i rappresentanti pentastellati)».
Ma, appunto, alcuni partiti sono molto filorussi, come la stessa Lega e il Rassemblement National di Marine Le Pen, mentre altri come l’estrema destra estone di Ekre e quella svedese dei Democratici Svedesi sono molto ostili a Mosca. Quindi cosa potrebbe succedere? «L’unico modo sarebbe quello di diminuire la retorica favorevole a Putin». Cosa che non è avvenuta e che quindi ha visto Salvini ricevere diversi rifiuti, l’ultimo in ordine di tempo quello da parte di Santiago Abascal, leader dell’estrema destra spagnola di Vox. «Nel 2007 il gruppo Identità, Tradizione e Sovranità si spaccò per un litigio tra i membri italiani e i rumeni, quindi un macrogruppo avrebbe molte difficoltà a rimanere coeso». Quanto al sostegno russo, sono pochi i dati noti: «Sappiamo di un prestito di 9 milioni di euro concesso nel 2014 al partito di Marine Le Pen da parte della First Czech Russian Bank, legata direttamente al Cremlino, ma sul sostegno diretto ad altri partiti come la Lega al momento ci sono solo voci e speculazioni». Ciò non vuol dire però che non ci sia un sostegno di altro tipo, come quando la leader dell’estrema destra francese venne invitata dal presidente russo alla vigilia delle elezioni. Per Shekhovtsov era un segno chiaro: «Putin ha espresso una preferenza netta in quel caso. Ha fornito, a lei come ad altri candidati, del sostegno mediatico attraverso i media Russia Today e Sputnik».
Un altro caso è quello di Alternative fur Deutschland, aggiunge: «Alle elezioni del 2017 addirittura vennero mobilitati i tedeschi di origine russa per sostenere i candidati del partito, sostenuti sul web da troll e bot prodotti a San Pietroburgo». Ciò detto, non è vero che i candidati vengono prodotti dal nulla: «La Russia sceglie di sostenere movimenti che già sono nati sul territorio. Mosca sa bene che il nazionalismo è una forza sovversiva. In Patria gli elementi estremisti sono stati spazzati via da tempo proprio perché se ne conosce la pericolosità». Per questo non bisogna confondere cause ed effetti, puntualizza Shekhovtsov: «Certi movimenti europei hanno tutte le opportunità di sopravvivere perché prosperano grazie a problemi interni all’Unione Europea. Se la Russia può dare un aiuto, certo non è un fattore decisivo». Non si pensi nemmeno che l’intenzione del Cremlino sia quella di aiutare soltanto partiti di estrema destra: «Sosterebbero anche movimenti di sinistra, ma sono molto impopolari quasi ovunque e ben lontani dal raggiungere il potere, e anche se ci sono alcune eccezioni come la Grecia, il trend che si può leggere dalle elezioni europee è negativo».
Infine, un altro luogo comune da sfatare, quello che riguarda un Putin che decide tutto in ultima istanza: «Non controlla tutti questi processi: anche lo stesso incontro con Marine Le Pen è stato preparato da alcuni personaggi vicini a lui, ma non da lui direttamente. Anzi, in certi casi preferirebbe cooperare con partiti mainstream, come nel caso di Forza Italia». In sintesi: la questione russa è certamente un fattore importante nella crescita dell’estrema destra, ma anche qualora questo sostegno smettesse, sarebbero le problematiche interne dei vari paesi a spingere i movimenti estremisti. E nonostante le difficoltà economiche della Russia, il sostegno mediatico costa molto poco.