Alla fine, parrebbe, ha avuto ragione lui. Salvatore Benintende, palermitano classe 1980 di stanza in Catalogna, più noto come Tvboy, è l’artista che lo scorso marzo aveva realizzato sui muri del centro di Roma l’ormai famosissimo bacio tra Di Maio e Salvini. L’opera dello street artist era stata rimossa poco dopo, ma nel frattempo, immortalata dai fotografi, proprio nei momenti decisivi per l’elezione dei presidenti delle due Camere, era diventata virale. E tale è ancora: in questi due mesi ha accompagnato decine e decine di articoli o post sull’accordo di governo Lega-M5S, insomma è divenuta l’immagine icona di un momento politico. Ne abbiamo parlato con Tvboy, dal suo studio a Barcellona.
La profezia si è avverata, dunque.
Non parlerei di profezia, io ho solo interpretato il momento. Di Maio e Salvini rappresentavano i due partiti che avevano preso più voti, e, in fondo, non così diversi tra loro perché entrambi sono “anti-europei” e populisti. Per questo ho voluto chiamare l’opera Amor Populi. Diciamo che ho avuto fortuna – che non guasta mai per un’artista -, perché la realtà si è adeguata all’opera, ma si poteva intravedere quello che stava succedendo. Il ruolo dell’artista, secondo me, è un po’ quello del bambino, che dice le cose che tutti sanno, ma che nessuno ha il coraggio di fare notare. Un po’ come nella favola del “re nudo”.
Quindi la tua non era un’opera politica?
Direi che era più simile alla satira. Che ha molti obiettivi in comune con l’arte.
Che significato hai voluto dare a questo bacio?
La serie dei baci è iniziata tempo fa. Il successo è arrivato con il bacio tra Messi e Ronaldo a Barcellona, che ha avuto un’eco mondiale. A Roma avevo fatto Trump e il papa, che aveva fatto scandalo, a Milano Fedez e la Ferragni, che ha avuto successo vista la popolarità dei personaggi. Gli altri baci erano degli archetipi: il papa rappresenta il bene e Trump il male, così come Messi vs Ronaldo, visto che io sono del Barça. Questo, invece, era un bacio tra rivali, che sarebbero potuti diventare alleati. Quegli altri erano baci universali, questo voleva interpretare un momento particolare. Il fatto che sia arrivato a poche ore dall’elezione dei Presidenti della Camera e del Senato ha fatto il resto.
E poi il luogo: via del Collegio Capranica, a pochi passi da Montecitorio.
La forza di un’opera è data dal momento e dal luogo. Quando ho compiuto l’azione, con alcuni colleghi, abbiamo scelto un luogo frequentato dai politici. Ho realizzato un bacio tra Trump e Kim Jong-un a Barcellona: fosse stato a Washington o Pyongyang sono certo sarebbe stato diverso. Questa è la forza dell’illegalità è questa: se chiedi il permesso per una cosa, non la farai mai oppure non la farai dove vorresti. Senza autorizzazione, invece, scegli il posto più adatto alle tue intenzioni.
Con il rischio di essere rimosso.
Certo, e me lo aspettavo. Anche se non mi aspettavo lo scalpore che l’opera ha provocato: sui suoi canali social Simona Ventura mi ha dato dell’omofobo. In Italia ci scandalizziamo per poco, siamo davvero bigotti su alcune questioni. E poi, ma quale illegalità? Mica è vandalismo, è un’affissione abusiva.
Quello che fa specie, è il fatto che la tua opera sia ininterrottamente sui giornali – e sui siti – da quasi due mesi. Tu hai capito perché?
Perché è diventata un’icona: questa è la chiave di quello che faccio come artista. Un po’, fatte le proporzioni, come il bacio tra Breznev e Honeckersu sul Muro di Berlino. Per me l’arte deve essere una documentazione storica del momento. Si chiama arte contemporanea perché racconta la contemporaneità.
Ma sei contento che il bacio – pare – alla fine ci sarà?
Da un lato mi spaventa, non vorrei rendessero il Paese ingovernabile. Vivo in Catalogna, dove la situazione è così da tempo. Ma la politica è l’arte della mediazione, e se non si fanno dei patti, non c’è governo.
In un momento in cui altre forme di arte paiono sempre più disinteressate alla politica, molti si sono affidati alla street art per rappresentare il momento. Perché siete rimasti gli unici a occuparsi della materia?
I giornalisti sono interessati più che altro alla provocazione. Per me l’importante è che l’artista non dia la sua visione, che stia dietro l’opera. Pensa a Sirante, di cui si è molto parlato ultimamente: i suoi Bari mi erano piaciuti tanto, erano efficaci e freschi, mentre L’incendio del Nazareno dava un messaggio politico. Noi dobbiamo creare dibattito e mettere in questione preconcetti, non fare politica attraverso le nostre opere.
Dove saranno le tue prossime opere?
Ho un nuovo progetto a Firenze: in ogni città cerco di interpretare le icone del luogo, prova a capire a chi mi riferisco. A Roma vorrei fare un’iniziativa contro la censura, ma voglio che sia una cosa divertente. Devo sentire che è il momento giusto per farlo.