Gli italiani lo fanno meglio: scrivere canzoni formidabili e cantarle come si deve su un palco, soprattutto se è quello del Festival di Sanremo. Lo hanno dimostrato più di tutti i Måneskin, che nel 2021 dalla riviera ligure sono volati alla conquista del mondo con la loro Zitti e buoni.
Ma ogni Festival di Sanremo, dalla prima edizione del 1951 a oggi, ha le sue canzoni e performance definitive, strofe e ritornelli che hanno segnato tanto la storia pop del nostro Paese quanto, in modo diverso, ognuno di noi.
Si chiama proprio Italians Do Hits Better il format condotto dall’1 al 5 febbraio sui canali social e Twitch di Amazon Music da GrenBaud e Gaia Clerici. Durante Sanremo, i due streamer incontreranno gli artisti in gara, che racconteranno storie e aneddoti sul dietro le quinte della loro esperienza all’Ariston. Insieme a GrenBaud e Gaia Clerici, cantanti e band commenteranno inoltre i brani che hanno scelto per la creazione delle loro playlist su Amazon Music: dai guilty pleasure – perché tutti abbiamo qualche scheletro musicale nell’armadio – a quelle canzoni che, sì, cambiano la vita di chi le ascolta.
Seguite i canali social di Amazon Music, dove saranno pubblicati contenuti in esclusiva di Italians Do Hits Better e godetevi il Festival con Alexa, pronta a commentare Sanremo insieme a voi. Darà i voti ai cantanti in gara, non si risparmierà con battute taglienti e, soprattutto, vi farà ascoltare tutti i grandi classici di Sanremo dal 1951 a oggi. Basterà chiedere: “Alexa, atmosfera Sanremo” e partiranno successi preistorici come Papaveri e papere di Nilla Pizzi e tormentoni ben più recenti tipo Soldi di Mahmood o Rolls Royce di Achille Lauro. Ogni giorno una playlist diversa.
Ma chi è l’artista donna che ha vinto più volte il Festival di Sanremo? Qual è la più grande passione di Amadeus? E cosa significa davvero kermesse, la parola che risuona prepotente ogni anno in prossimità del Festival? I protagonisti di Italians Do Hits Better saranno messi anche a dura prova con una serie di stuzzicanti giochi a tema, ed è sicuro che tutti quanti noi avremo tanto da imparare. Per la cronaca, le risposte alle domande sopra sono nell’ordine: 1) Iva Zanicchi, 2) L’equitazione perché l’amore per i cavalli è una tradizione in casa Amadeus, 3) Dizionario alla mano, è un termine che deriva dal francese, in origine indicava le feste parrocchiali, qui da noi vale per ogni manifestazione pubblica: dalle sagre paesane alle manifestazioni monumentali come, appunto, Sanremo.
Quelle degli artisti ospiti di Italians Do Hits Better sono infatti solo alcune delle playlist tematiche curate da Amazon Music in occasione del 72esimo Festival di Sanremo. Ce n’è per tutti i gusti, per rivivere il proprio Festival del cuore o scoprirne sonorità inedite e perdere così la testa per altre canzoni: Sanremo: facciamoci riconoscere, Italiani che passione, [RE]DISCOVER Sanremo vincitori e le playlist [RE]DISCOVER dedicate ai singoli artisti in gara. Naturalmente, non manca la playlist Sanremo 2022 con tutte le canzoni del Festival di quest’anno.
E c’è anche una playlist di Rolling Stone. Riascoltando decine e decine di pezzi che hanno fatto la storia del Festival di Sanremo, tra brani rivoluzionari ed esibizioni memorabili, abbiamo scelto 15 artisti e rispettive canzoni in cui riconosciamo pienamente la nostra attitudine: rompere con la tradizione e lasciare il segno.
Per ascoltare la nostra playlist su Amazon Music clicca sul banner qui sotto.
1Domenico Modugno
Nel blu dipinto di blu (Volare) – 1958
L’anno della prima rivoluzione sanremese. L’oh-oh sprigionato dall’ugola di Modugno è carico di sensualità, la canzone tradizionale italiana cede all’onda d’urto degli urlatori. I pronostici danno vincitrice Nilla Pizzi, ma Nel blu dipinto di blu ha una carica travolgente e seduce tutto il mondo: non è solo un successo sanremese, ma planetario. Solo i Måneskin riescono a volare così lontano, più in alto del sole, oltre 60 anni dopo.
2The Rokes/Lucio Dalla
Bisogna saper perdere – 1966
Non sempre si può vincere, ribadisce il resto del ritornello. In un Festival dove tutti vogliono arrivare primi, una band di capelloni inglesi ci insegna ad accettare la sconfitta. Negli anni Sessanta i Rokes di Shel Shapiro non sono l’unico gruppo beat britannico a trovare fortuna in Italia, ma attenzione: al Festival presentano Bisogna saper perdere insieme a Lucio Dalla, futura stella del nostro cantautorato.
3Luigi Tenco
Ciao amore, ciao – 1967
Non un arrivederci, ma un addio. La voce e il corpo, il sacrificio ultimo. “Luigi Tenco è morto per te”, canteranno decenni dopo i Baustelle per sottolineare la potenza del gesto di Tenco: si toglie la vita dopo l’eliminazione al 17esimo Festival di Sanremo, che al suo profondo, tormentato esistenzialismo preferisce la spensieratezza di Orietta Berti. E per questo motivo è una canzone d’amore doppiamente struggente.
4Lucio Battisti
Un’avventura – 1969
La prima volta non si scorda mai, soprattutto se è anche l’unica. E un amore adolescenziale può essere quello di una vita. Una sola esibizione di Battisti a Sanremo con Un’avventura rhythm & blues presentata in coppia con Wilson Pickett: la giuria non apprezza appieno, ma il pezzo, finito al nono posto, diventa uno dei più grandi classici del pop italiano, e noi ne siamo innamorati sempre di più.
5Rino Gaetano
Gianna – 1978
Sesso, “un mondo fatto di sesso”. Rino Gaetano è il primo a pronunciare esplicitamente questa parola al Festival e lo fa con il suo stile scanzonato, apparentemente cazzaro. Perché dietro giochi di parole e doppi sensi saltellanti, Gianna critica discografia, politica, società e massimi sistemi caratterizzati da un’ambigua rigidità. Parla anche di massoneria? Chissà, chi vivrà vedrà.
6Alice
Per Elisa – 1981
Una canzone leggendaria, che però non parla di droga. Complice anche una scena del film Amore tossico in cui i protagonisti la canticchiano, il testo di Per Elisa è stato talvolta interpretato come metafora della dipendenza da eroina, ma Alice stessa ha smentito. Scritto con Franco Battiato e Giusto Pio, questo sofisticato pezzo pop cita in apertura l’omonimo brano di Beethoven e vince Sanremo nell’81. Da allora ne siamo comunque dipendenti.
7Vasco Rossi
Vado al massimo – 1982
Gli ultimi saranno i primi. Esattamente 40 anni fa, Vasco Rossi esordiva al Festival con una performance ricordata soprattutto per il tonfo del microfono caduto sul palco dalla sua tasca. La vulgata comune lo vuole fanalino di coda di quell’edizione, ma la realtà è diversa: le regole di allora piazzavano a pari merito tutti gli artisti esclusi dal podio. Vado al massimo è un reggae sbronzo, Vasco se la prendeva con le critiche di quel famoso tale che scriveva sul giornale e… Sappiamo bene chi ha avuto ragione.
8Matia Bazar
Vacanze romane – 1983
Nuovi romantici a Sanremo. Impregnata di nostalgia tanto nel testo quanto nelle linee melodiche cantate da Antonella Ruggiero, Vacanze Romane riesce a essere contemporaneamente una cartolina dalla bella Italia che fu e una nitida fotografia sonora della nuova musica europea dell’epoca. Questa versione dei Matia Bazar, gruppo che nel corso della propria carriera ha cambiato più volte forma e sostanza, suonava un personalissimo, raffinato synth pop. Molti artisti più giovani a noi cari ne hanno poi fatto tesoro, vedi i Bluvertigo.
9Subsonica
Tutti i miei sbagli – 2000
E allora su le mani, XXI secolo! L’electro pop da ballare arriva da Torino al Festival di Sanremo: i Subsonica sono infatti figli della motorcity italiana contaminata dalle sottoculture europee, rave party in testa. La giuria sanremese li frena all’undicesimo posto, ma usciti dall’Ariston viaggiano a velocità sostenuta, non sbagliano un colpo e tutti i palazzetti saltano con loro.
10Elisa
Luce (Tramonti a nord est) – 2001
Un mantra illuminante. Elisa canta per la prima volta in italiano e trionfa a Sanremo. Dopo due album in inglese, si presenta infatti al Festival con un pezzo dalle suggestioni trip-hop, scritto in collaborazione con Zucchero. Luce si appoggia su un tappeto di voci eteree, l’interpretazione è un incanto e il tramonto a nord est, la fine di una storia, è una nuova alba per il nostro pop.
11Bluvertigo
L’assenzio (The power of nothing) – 2001
L’anno delle parentesi. In un Festival vinto da Elisa con Luce (Tramonti a nord est), i Bluvertigo arrivano ultimi con L’assenzio (The power of nothing). Morgan passa dal piano elettrico al basso, canta “se non sbaglio stamattina era il 1904” e fa marameo a Sanremo e l’Italia tutta. Al sound del pezzo contribuiscono un software scaricato dal sito del Mit di Boston e la suoneria di un vecchio telefono cellulare di Andy: band, canzone e interpretazione davvero stupefacenti.
12Afterhours
Il paese è reale – 2009
Una spinta di libertà, al Teatro Ariston come nei talent show. Paolo Bonolis, direttore del 59esimo Festival di Sanremo, è un fan degli Afterhours e insiste per averli in gara. Manuel Agnelli all’inizio non ne vuole sapere, ma poi capisce che può essere un’opportunità per dimostrare che esiste un’altra musica italiana. Ovviamente la canzone Il paese è reale viene eliminata subito, ma tutti gli artisti non allineati presenti agli ultimi Festival devono tanto, se non tutto, a Manuel Agnelli.
13Madame
Voce – 2021
Un’intima struggle quotidiana. Madame sfugge a ogni classificazione, arriva al Festival in quota fluidità urban adolescenziale, ma il suo pezzo ha un flow e una melodia profondamente sanremesi. Scalza, con il velo da sposa, rapisce l’attenzione del grande pubblico, che fatica però a comprendere il testo della canzone. “Dove sei finita amore?”: non è un amore lesbo, si rivolge a sé stessa, alla sua Voce, che è poi quella di un’intera generazione.
14Colapesce Dimartino
Musica leggerissima – 2021
Un trionfo di accordi minori, la depressione fatta tormentone. Approdati all’ultimo Festival da outsider, Colapesce e Dimartino non hanno vinto Sanremo ma la loro Musica leggera, anzi leggerissima è arrivata ovunque e a chiunque perché con quel sound color seppia anni Settanta ha lenito uno strisciante malessere collettivo, facendoci ballare. Il buco nero che diventa una luce strobo: sì, talvolta una canzone può essere davvero la cura.
15Måneskin
Zitti e buoni – 2021
Come Domenico Modugno, ma a torso nudo. Nell’anno in cui l’Italia vince tutto in qualsiasi competizione, quattro ragazzi emersi da un talent riportano il rock sanguigno a Sanremo. Da qui in poi, i Måneskin svettano più in alto di tutti: trionfano al Festival, sbancano all’Eurovision, duettano con Iggy Pop, aprono per i Rolling Stones, conquistano classifiche inglesi e americane e – per niente zitti, ma buoni buoni – diventano il primo vero fenomeno pop internazionale made in Italy da oltre 60 anni a questa parte. E il blu dipinto di blu si tinge di glitter.