Giorno 28 d’isolamento. Benedetta, 16 anni, si sveglia come ogni mattina poco prima delle otto. Fa colazione, si veste e prepara la sua scrivania per le lezioni online quotidiane. Nella stanza accanto, suo fratello Tommaso, 13 anni, compie più o meno gli stessi gesti. È così dallo scorso 9 marzo, quando il governo ha stabilito la chiusura di tutti gli istituti scolastici italiani, in seguito all’emergenza coronavirus.
“All’inizio stavo molto bene anche perché ero felice di non andare a scuola”, ci racconta su WhatsApp. “Si poteva ancora uscire di casa. A lungo andare però si è rivelato noioso: è come essere rinchiusi e non puoi fare più nulla”.
Ed è la sensazione che provano la maggior parte delle persone in isolamento forzato, complicato da accettare in età adulta, una pugnalata al cuore in adolescenza. Sono stati i teenager (insieme agli anziani) i più difficili da tenere chiusi dentro da casa. Proprio a loro si sono rivolti tutti gli esperti nei primi giorni dell’esplosione del COVID-19, ribadendo la necessità di non uscire per salvaguardare la propria salute e quella degli altri.
“Finché uno dei miei familiari non viene contagiato non ho molta paura, semplicemente magari sto un po’ in ansia quando mia mamma deve uscire per forza per andare al lavoro o per fare la spesa”, continua Benedetta.
Tommaso non ha problemi a dire che fa fatica a stare chiuso in casa e sì, questo virus fa paura. “Di certo non è bello vivere una situazione del genere, poi soprattutto in quarantena. Io l’isolamento lo sto vivendo in una maniera un po’ difficile. Per esempio la mattina era comunque un momento di uscita per andare a scuola. La cosa che mi ha sconvolto di più è che siamo passati da un tipo di vita molto bello e libero a stare chiusi in casa e rischiare infine di morire”. E aggiunge: “All’inizio non ho avuto molta paura perché comunque la situazione era sotto controllo, ma da un giorno all’altro cambia tutto. Un sacco di paura. I casi si moltiplicano, un sacco di gente che muore, nessuno in giro. Anche se non l’ho mai vissuta mi sembra forse un periodo di guerra”.
Gioia ha 18 anni e se pensa al coronavirus con la mente corre alle vittime. “È tutto un po’ noioso ma cerco in qualche modo di far passare il tempo ma soprattutto mi dispiace per tutte le vittime e i loro familiari. Ho paura di poter finire dentro a tutto questo in prima persona, che ci vada di mezzo qualcuno a cui voglio bene”.
L’isolamento quotidiano ha dato il via a nuove abitudini e routine per tutti. Si è partiti dalle canzoni affacciati al balcone, per passare poi a una serie di videochiamate senza fine, parti online, letture in diretta, spettacoli, concerti e chi più ne ha più ne metta. E anche gli adolescenti si sono organizzati.
Benedetta fa i compiti in videochiamata con la sua compagna di classe. E nel tempo libero, dà sfogo alla creatività. “Durante la giornata principalmente guardo serie tv e film, poi sto cucinando un sacco di cose nuove e che non avevo mai provato a fare prima. Cerco anche di fare un po’ di ginnastica durante il giorno e infine faccio i compiti e studio. A parer mio però è più difficile seguire le video lezioni perché sei soggetto a più distrazioni e molte volte la connessione va male e fai fatica a seguire”.
Accanto alla paura della malattia si alimenta il timore di non tornare alla normalità, non potere andare a un concerto, in discoteca con le amiche o al mare durante le vacanze estive. E il conto alla rovescia non ha una data di scadenza.
“Appena finisce, prima di tutto vorrei rivedere i miei amici e divertirmi con loro”, racconta Benedetta. “Poi ritrovarmi con i miei familiari, tornare ad allenarmi in palestra, andare a fare shopping e a ballare”. Gioia sogna di riabbracciare tutte le persone a cui è legata e ricominciare la palestra. Tommaso, che quando non riesce a stare fermo pulisce tutta la casa, fa giardinaggio in balcone e cucina insieme a sua mamma, non ha dubbi: “Per me, già poter uscire di casa, sarà bellissimo. Speriamo vada tutto bene”.