Porta Felice e Santa Rosalia. Chiara Mascellaro ha battezzato due cocktail con gli stessi nomi di due punti di riferimento della sua Palermo e, proprio con questi due drink, ha portato la Sicilia in giro per il mondo, vincendo anche un premio internazionale.
«Sono stati coniati un sacco di termini per declinare al femminile il mio lavoro», spiega Chiara Mascellaro, tipo “barlady” che, sono sincera, non mi piace tantissimo. Bartender è il termine migliore per parlare del mio mestiere».
Classe 1990, Chiara Mascellaro è una dei protagonisti di Truly Unique People by Ploom, una serie di talks organizzati da Ploom in collaborazione con Rolling Stone.
Nicolò De Devitiis l’ha intervistata nel Ploom Space dell’Hotellerie Easy Suites di Palermo dove Chiara Mascellaro ha raccontato la sua storia e il proprio rapporto con la terra dove è nata e cresciuta, e dove tuttora vive.
«Se devo parlare di figure importanti per il mio percorso dico i miei nonni e i bottegai del loro paese, Petralia Soprana», racconta Chiara Mascellaro. «In generale, più che altri cocktail bar, per il mio lavoro sono state importanti le piccole botteghe dove a fine pasto ti fanno assaggiare i loro liquori fatti con aromi e spezie del territorio. Mi hanno stregata. Ed è al JackAss Pub, un locale storico di Palermo, che ho capito che per me non si trattava solo di preparare drink: quel lavoro era diventata una filosofia di vita».
È infatti al JackAss Pub, luogo di culto vicino la centralissima via Libertà, che Chiara Mascellaro ha iniziato a fare la differenza: «Ai tempi c’erano due bartender uomini, quindi è stata dura farmi valere in quel contesto. Ma alla fine, dopo sei anni, sono diventata capo-barman. Inoltre volevo saperne sempre di più di mixology e mi sono iscritta alla Aibes, una delle scuole per bartender più importanti d’Italia».
Cosa si studia, cosa si impara frequentando una scuola per bartender? «Il lavoro sul campo ti fa conoscere il prodotto, ma ci sono studi essenziali per approfondire da altri punti di vista: impari la teoria, scopri cosa c’è dietro ogni bottiglia. E poi la scuola ti insegna la storia del bere».
E la storia della propria città, Palermo, influenza la storia dei suoi drink. Partiamo, per esempio, da Porta Felice: «Era la porta di ingresso per chi arrivava dal mare, oltre questa porta c’erano tutti i mercati. Ci sono molto legata, tanto da chiamare così un drink che mi ha fatto prima entrare nella Nazionale italiana e poi mi ha fatto arrivare ai mondiali in Messico».
Da Palermo a Guadalajara. Come funziona una gara per bartender? «Mi sono confrontata con altri 21 bartender provenienti da tutto il mondo. Prepari 4 cocktail in 8 minuti e mentre lavori hai gli occhi di 4 giudici puntati addosso: racconti la tua storia, rispondi alle loro domande. L’emozione mi stava facendo scoppiare il cuore».
E il drink dedicato a Porta Felice è un cocktail fatto col cuore: «Parla di mia nonna e racconta Palermo», spiega Chiara Mascellaro, «ha i sali del mare e profuma della mia terra».
Sempre grazie all’influenza della sua Palermo, Chiara Mascellaro ha vinto la finale mondiale per il Patron Perfectionists Margherita of the Year. Il cocktail si chiama Santa Rosalia: «Come la santa protettrice di Palermo. Era un periodo difficilissimo, avevo preso il Covid, non sentivo né gli odori né i sapori, così prima me lo sono immaginato il drink… Ma fin dal primo momento sapevo come dovevo chiamarlo e cosa dovevo dire».
Il margarita più buono del mondo, Santa Rosalia, ha un messaggio per tutte le donne: «È un omaggio e un invito alla prevenzione al tumore al collo dell’utero», spiega Chiara Mascellaro. «Purtroppo avevo contratto un virus, me ne sono accorta tardi, ero a rischio e solo dopo anni di cura e interventi me la sono cavata».
L’idea e la ricetta di Chiara Mascellaro hanno funzionato: «Dopo che il cocktail e la sua storia si sono fatti conoscere in giro mi ha chiamato un sacco di gente perché è andata a fare i controlli grazie al mio messaggio: sono felicissima, non tanto per il drink in sé, ma per quanto ha scaturito. Ha aperto gli occhi a un sacco di ragazze».
Ma quali sono gli ingredienti del Santa Rosalia? «Tequila bianca, uno sciroppo alle rose che ho fatto io in un laboratorio siciliano, succo di limone, bitter riserva Martini, sale rosa dell’Himalaya e un garofano bianco. La rosa bianca che adorna il cocktail e il fiore con cui orniamo la città in onore di Santa Rosalia. E per questo sono tornata recentemente, a cuore aperto, al santuario di Santa Rosalia a Monte Pellegrino».
L’unicità di Chiara Mascellaro sta anche nell’accostare cocktail e musica in uno show pensato e realizzato con il suo fidanzato: «Claudio è un musicista, io faccio la barista, siamo abituati a vivere la vita. Così durante il primo lockdown abbiamo iniziato a fare le dirette su Facebook col telefonino e ora siamo approdati su Radio Time, una radio siciliana, due giorni a settimana anche sul digitale terrestre. Lui suona e io preparo i cocktail, interagiamo con le persone che ci seguono e gli ospiti, tra cui artisti emergenti e altri bartender. Il format si chiama Ramecasa, che significa “da casa mia”. Siamo stati seguitissimi fin da subito, parlando di tutti i settori colpiti dalla crisi del covid siamo anche riusciti a raccogliere 6mila euro per gli ospedali siciliani e le famiglie in difficoltà. Ci hanno notati in molti e siamo finiti su Sky, Tg3 e anche da Barbara D’Urso».
Un esempio del perfetto connubio tra drink e musica celebrato da Ramecasa? «Abbiamo dedicato una giornata a John Lennon, ricorda Chiara Mascellaro, e parlando di Imagine ho rivisitato l’Alexander con cacao, panna e gli occhiali di Lennon come decorazione».
E quando racconta e descrive alcuni dei suoi luoghi preferiti di Palermo, Chiara Mascellaro sembra parafrasare la canzone più famosa di Lennon, Imagine all the people, livin life in peace: «La multiculturalità, l’ospitalità, sono parole in cui è racchiuso tanto altro. Chi arriva a Palermo lo nota subito, siamo figli di diverse dominazioni e percepiamo tanto questa cosa. Basta andare nei mercati come Ballarò e Vucciria: sono stupendi, c’è una contaminazione di culture incredibile. Facciamo parte tutti della stessa famiglia: indiani, cinesi, filippini, africani, palermitani… Ognuno di noi vende il prodotto della sua cucina, tipico della propria cultura, ma alla fine tutto fa parte di un’unica cultura inclusiva.
L’unicità può essere appunto individuata tanto in un cocktail quanto in un pezzo musicale o in uno scorcio di panorama: «È unico ciò che ti emoziona e ti libera: lo può fare un paesaggio, una canzone o un drink. Siamo in tanti a fare tante cose, e c’è gente super-brava tecnicamente. Ma ci sono personaggi non eccellenti tecnicamente che ti fanno venire i brividi più di altri».
Con i suoi cocktail, Chiara Mascellaro fa conoscere a tutto il mondo un aspetto inedito di Palermo: «Io sono siciliana e la Sicilia non è considerata come un posto dove si va alla ricerca di cocktail bar. Le mete sono altre, per esempio le grandi città come Milano, Roma, Firenze. Ma ora c’è grande fermento e a noi bartender siciliani interessa far conoscere Palermo anche sotto altri punti di vista. Oltre il mare, il sole, il buon mangiare, c’è altro. Ci sono professionalità e cultura. E credo che Palermo e la Sicilia vivranno una grande crescita, anche per quanto riguarda il bere. Ci vuole tempo per sradicare alcune abitudini. Ci vuole pazienza da parte di chi lavora e apertura mentale da parte del cliente».
Chiara Mascellaro ha deciso di restare a Palermo anche per questo motivo: «Ci sono momenti di sconforto: se dovessi pensare solo a me stessa, avrei una vita più facile partendo. Ma bisogna costruire qualcosa di nuovo e allora preferisco restare qui e insistere. Ci sto provando con tutte le mie forze».
Potete approfondire la storia di Chiara Mascellaro e il suo rapporto con Palermo guardando l’intervista con Nicolò De Devitiis per Truly Unique People by Ploom, una serie di talks organizzati da Ploom e Rolling Stone.
Tra i protagonisti delle interviste ci sono anche il musicista Roy Paci, lo street artist Giulio Rosk, il fotografo Piero Percoco e il giornalista/scrittore Valerio Millefoglie.