Per essere presi seriamente quando si parla di sesso in Italia bisogna dimostrare di avere attestati di sex coaching (la verità, vi prego, sul sex coaching, se qualcuno ha capito cosa sia) o di sessuologia (che in Italia non è una qualifica legalmente tutelata), di essere culturalmente impegnati nell’ambito in qualità di pornologi – ma se fai porno o ti appassiona parlare di sessualità senza avere alcuna qualifica, sei più o meno un fenomeno da baraccone. Per esempio, se voglio che la gente mi stia a sentire dandomi credito, devo dire che sono una sex blogger o un’attivista.
Per le donne questo aspetto è enfatizzato, come ha scritto la ex pornoattrice francese Ovidie nel suo Porno Manifesto (Baldini&Castoldi, 2003): “I media hanno parlato molto del mio ‘discorso intellettuale’, del mio modo di comportarmi, alcune volte del mio femminismo, e troppo spesso dei miei studi di filosofia. Come se si fossero aggrappati a qualcosa di rassicurante che permetteva loro di dimenticare quello che li metteva veramente a disagio e che non riuscivano a comprendere: ero, sono, una donna che fa film porno davanti e dietro la macchina da presa”.
Qualche settimana fa ho letto un articolo con questo titolo: Anche una pornostar dà una lezione alla Azzolina: «Ministro, si fidi di me. Troppi errori». Come se una che di mestiere fa porno non potesse avere un pensiero critico e, in quanto cittadina, non potesse esprimere la propria opinione, peraltro con affermazioni tutto sommato pertinenti. “Ora anche un’attrice hard le dà lezione”, continua l’autrice del pezzo. Uaaah! ADDIRITTURA! Incredibile!
Come quando Valentina Nappi non parla di porno e, a prescindere da quello che dice e dalla condivisibilità di quello che dice, una massa di imbecilli prorompono in commenti del tipo, “Torna a fare quello che sai fare!” (ossia “pompini”, “farsi sfondare”, e così via, perché questo il tenore degli interventi) – che è l’analogo del “torna in cucina, donna!”
Di recente sono rimasta colpita dall’iniziativa “Talking of love” nata a sua volta dal progetto “Making of love”, un film porno realizzato da un gruppo di giovani che lo hanno scritto, diretto e interpretato per raccontare il sesso in modo non stereotipato. Talking of love consiste in una serie di 20 webinar, ossia seminari online, per parlare di sessualità senza tabù. Si tratta di incontri multidisciplinari condotti da persone con competenze e background differenti, il calendario sembra molto interessante, peccato che il primo si intitoli: “Educhiamoli! Non consegniamo i nostri ragazzi alla pornografia sul web” condotto dal pedagogista Daniele Novara, direttore di CPP – Centro Psico Pedagogico.
Intuisco che si rivolga a una certa pornografia, ma penso che quel titolo generico, che parla di pornografia facendo una demonizzazione indiscriminata, non mi sembra costruttivo e sensato. Vi leggo solo tanta retorica (moralista). Scorrendo l’elenco degli eventi non ne trovo neppure uno condotto da pornografi, pornoattori e pornoattrici o performer hardcore.
Singolare che proprio chi la sessualità la mette in scena e la rappresenta, chi fa parte di quell’industria che troppo spesso viene attaccata come modello negativo, non sia chiamato a dire la propria e a raccontare come viene realizzato un un prodotto pornografico. Non parlo di esponenti della filiera commerciale, ci sono tantissimi professionisti indipendenti che fanno ottimi lavori, eppure nessuno li ha coinvolti. Un’occasione sprecata? Sì. C’è però un webinar a sorpresa: che sia tenuto da una delle figure sopra elencate? Mi piacerebbe molto e lo spero.
Trovo molto positivo che si parli pubblicamente di sessualità, ma mi sono rotta davvero il cazzo che in generale se ne parli in maniera bacchettona o, dall’altra parte, in modo assolutamente superficiale e improprio. Il sesso e il porno non sono argomenti pucciosi: sono fatti di sudore, espressioni facciali talvolta mostruose, versi bestiali, movimenti scomposti. Per tornare al tema della credibilità e della legittimazione, tempo fa ho recensito alcuni film porno sul mio canale Telegram e qualcuno ha commentato: “Nientemeno che le recensioni!” – come se i film hard non potessero essere analizzati e criticati come qualsiasi altro prodotto cinematografico.
Il fatto è che il sesso e il porno continuano a imbarazzarci perché ci mettono a disagio e li esorcizziamo con risatine nervose e commenti stupidi, per darci un tono. Se non prendiamo seriamente queste componenti della nostra vita, resteranno dei tabù e ci sembrerà normale vergognarcene.
La prossima volta che sentiremo, vedremo o leggeremo di sesso e di porno, non ridiamoci su, non minimizziamo, ma chiediamoci cosa ci turba. Lasciamo che l’inquietudine ci pervada, non respingiamola come se fosse estranea: non lo è, fa parte della nostra cultura, impariamo ad accoglierla e comprenderla. Rifiutarla sarebbe come negarla, non volerla vedere, mentre invece è proprio quello smarrimento il motore che ci eccita e aziona una serie di sensazioni ed emozioni capaci di accenderci sia intellettualmente che fisicamente. La vera rivoluzione non è lottare contro il tabù, ma sovvertirlo.