Non potendo varcare i confini, in questa Fase 2 appena iniziata, Babbel, app di riferimento per l’apprendimento delle lingue, ci aiuta a viaggiare almeno con la mente. E lo fa presentando un piccolo glossario della maggior parte delle parole e dei modi di dire con cui nel mondo si comunica felicità. Se da una parte la sensazione che proviamo quando stiamo bene è qualcosa di astratto e soggettivo, non sempre semplice da comunicare, dall’altra esistono in ogni lingua parole ed espressioni uniche, spesso cariche di connotazioni culturali che conferiscono diverse sfumature a questo stato d’animo.
Dal Giappone alla Svezia, ogni Paese ha un termine adatto per parlare di felicità e ricordarci che sono tanti i modi in cui possiamo ritrovarla. E condividerla con gli altri. Uno dei termini che sicuramente i più conoscono è “Hygge”, che più che una parola è una vera e propria filosofia di vita che arriva dalla Danimarca che, non a caso, da molti anni è al primo posto nella classifica dei Paesi più felici al mondo. Letteralmente si potrebbe tradurre come «calore» o «intimità» ma l’hygge, rappresenta un momento vero e proprio che si sceglie di vivere, ognuno a modo suo. È la sensazione di essere a casa, al sicuro. E può accadere accendendo una candela prima di rilassarsi sul divano ma anche incontrando gli amici al bar per una birra. Una cosa è certa: per capire cos’è l’hygge bisogna provarla.
Viaggia sulla stessa linea di pensiero il termine “Ikigai” che arriva dal Giappone si potrebbe tradurre come «ragion d’essere». Questa filosofia pone al centro della felicità la riscoperta dei piccoli piaceri della nostra vita quotidiana, condizione indispensabile, a ogni latitudine, per ritrovare la serenità in questo periodo storico. La pensano allo stesso modo anche in Svezia, dove con la parola “Lagom” si esprime l’invito ad accontentarsi «del giusto». Un approccio che si riflette in tutta la cultura e l’estetica svedese. Al contrario in Norvegia si cerca (forse anche per la rigidità climatica) di coltivare nel proprio animo il calore. Si definisce “Koselig” tutto ciò che ci proietta in un’atmosfera accogliente. Può esserlo un bagno caldo, come un quadro pieno di colori. In Olanda la felicità si comunica allontanando l’ansia: è la filosofia del “Gezelligheid”, parola che significa allontanarsi da ansia e depressione condividendo momenti spensierati con le persone che amiamo. Un concetto che in Germania è racchiuso nella parola “Gemutlichkeit”.
Pensando alla lingua italiana, Babbel ha individuato diversi modi di dire che utilizziamo per dire che siamo felici. La nostra lingua è molto precisa e ha una parola per tutto, come direbbe Nanni Moretti in Palombella Rossa: «Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti». Tra quelle prese in esame nella ricerca di Babbel, l’espressione più spesso usata in Italia è il detto popolare: «Felice come una pasqua». Più liberi, gli spagnoli si paragonano alla liquirizia: «Feliz como un regaliz», ai lombrichi, «feliz como una lombriz», o anche alle nacchere, «mas contento que unas castanuelas». Gli inglesi invece pensano alle vongole e dicono: «Happy as a clam», riferendosi al sorriso che sembrano avere le vongole quando si aprono. In Francia ci si catapulta invece direttamente in mezzo a re e regine, e perché no, anche Dio: «Hereux comme un roi, comme un pape, comme Dieu en France». Infine i portoghesi, se vi dicono “Sextou”, vogliono esprimere la propria felicità per l’arrivo del weekend.