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Le peggiori mode estive degli ultimi trent’anni

Dagli anni ’90 a oggi, i nostri guardaroba estivi si sono arricchiti di capi che forse non ci tenevano più al fresco, ma sicuramente ci rendevano vere e proprie fashion victim. Oltre che diapositive viventi delle più indimenticabili (e terribili) tendenze delle stagioni che furono

Foto: Gustavo Caballero/Getty Images

Il caldo, croce e delizia delle nostre esistenze. Quando non c’è, rivalutiamo le nostre posizioni sul surriscaldamento globale («Ecchessarà mai, almeno non fa più freddo»); quando c’è, ci tamponiamo il sudore, maledicendo i nostri amici che hanno deciso di sposarsi ad agosto. A Ostuni. Perché il caldo è bello, sì, ma solo se siamo nella condizione di sopportarlo (e, spoiler: se non si è a sguazzare al mare, questo non succede quasi mai). Per fortuna, dagli anni ’90 a oggi, la moda ci è venuta incontro, arricchendo i nostri guardaroba di capi che forse non ci tenevano più al fresco, ma sicuramente ci rendevano vere e proprie fashion victim. Oltre che diapositive viventi delle più indimenticabili (e terribili) tendenze estive.

I JNCO jeans

Sicuramente non adatti a un matrimonio elegante, negli anni ’90 i JNCO jeans erano un must. Creati dai designer Jacques Yaakov Revah e Haim Milo Revah, i JNCO sono l’evoluzione dei baggy pants indossati dai Latinos a Los Angeles. L’idea dei fratelli Revah era quella di portare la cultura rap e urbana tra i più giovani, che iniziano a metterli anche se sono terribilmente poco pratici, soprattutto quando la circonferenza della gamba tocca i 127 centimetri. Però si sopporta questo e altro pur di essere anticonformisti. Soprattutto, pur di far storcere il naso ai nostri principali creditori, altrimenti noti come genitori.

Il cappello Kangol

Non importa che il termometro registri la temperatura dell’inferno: se è un’estate qualunque degli anni ’90, il cappello Kangol (magari di lana) è quello che ci vuole per avere stile. La leggenda narra che il nome del marchio sia stato inventato di sana pianta da Jakob Henryk Spreiregen – l’ex soldato che ha iniziato a produrli nel 1918 –, ma i più credono sia una crasi tra le parole knit (maglia), angora e wool (aka: i materiali dei modelli più noti). In ogni caso, da cappello qualunque, il Kangol in quegli anni diventa simbolo della cultura hip hop del tempo e, nella sua versione a basco, dell’unico che se lo può davvero permettere: Samuel L. Jackson. Per tutto il resto della popolazione mondiale, volerlo indossare a ogni costo costituiva reato di appropriazione indebita. E che si chiuda la seduta.

La popcorn t-shirt

Lo confesso: ce l’avevo. Il suo punto di forza era senza dubbio l’elasticità, che la rendeva la maglietta ideale per tutta la famiglia: nel senso che un singolo capo poteva essere indossato da chiunque, padre compreso. Peccato che, a renderla così elastica, fosse un materiale ultra-sintetico che grattava la pelle e intrappolava il sudore addosso fin da subito. Insomma, nelle estati di fine secolo era decisamente meglio optare per le t-shirt multicolore effetto tie dye, che, quando venivano realizzate in casa, erano tanto divertenti quanto orripilanti. Comunque, meno cancerogene delle popcorn t-shirt.

Il top a farfalla

È il 2000 quando Mariah Carey si presenta ai VH-1 Divas con un jeans a vita bassa e un succinto top a forma di farfalla. Che sia perché ha pubblicato pochi anni prima un album che si chiama Butterfly? Sicuramente. Il problema è che il trend delle farfalle è già avviato nella versione super scintillante dell’abito di Donatella Versace, indossato prima da Naomi Campbell, poi da Christina Aguilera (ai Grammy 2000). Nel mentre, le farfalle fanno stare al fresco il popolino accaldato, che si accontenta di camicette, crop top e gonne abbinate a collanine e mollette che richiamano rigorosamente l’insetto più amato di sempre. Il capitolo si chiude per un po’, poi arrivano i Grammy del 2021 e succede il peggio: Dua Lipa risfodera l’abito Versace. E il trend torna, sfortunatamente non solo per gli entomologi.

Gli occhiali da sole con lenti colorate

Cos’è un total look farfalle senza gli occhiali con le lenti colorate? Li hanno indossati tutti, da Britney Spears (ovviamente) a Justin Timberlake; dalla compagna di classe al primo fidanzatino del mare. Perché i classici occhiali da sole sono belli, ma vuoi mettere vedere il mondo tutto rosa (o azzurro, o verde)? Il loro fascino è irriducibile, tant’è che, dal boom degli anni ’90, ancora oggi qualcuno li sfoggia senza vergogna. Io in primis.

Il marsupio

Alzi la mano chi non ha mai avuto un marsupio. Ossia, quell’accessorio che si lega in vita e che permette di mettere tutto ciò che non sta nelle tasche oversize dei comodi JNCO. Quando erano gli anni del Principe di Bel-Air, il marsupio si presentava come una sorta di astuccio di nylon dai colori sgargianti, con mille taschine tattiche che, se da una parte hanno fatto la fortuna di marchi come l’Invicta, dall’altra hanno riempito di gioia l’equivalente dei Millennial dell’epoca. Tanto che qualche irriducibile nostalgico lo compra ancora, magari nella versione griffata e di pelle, e per mitigarlo lo porta a tracolla. In ogni caso, sempre meglio del suo cugino altrettanto famoso ma ben più terribile: il borsello.

I pantaloni e la minigonna a vita bassa

Potevamo esserceli tolti per sempre, facendone stracci o chiudendoli nel ripostiglio degli orrori. E invece no: i pantaloni e le gonne a vita bassa sono tornati di moda. Prerogativa dei primi anni 2000, questi indumenti low rise hanno mietuto più vittime di qualunque altro trend, diventando nondimeno i capi-simbolo dell’inizio del nuovo millennio. Christina Aguilera (con la succinta versione gonna-cintura), Keira Knightley, Paris Hilton e J-Lo sono solo alcune tra le tante che, quella volta, li hanno sfoggiati sul red carpet. Per fortuna, le prove della nostra incoscienza estiva (e non) sono racchiuse in qualche foto sul computer. Dove, per quanto mi riguarda, sono destinate a rimanere.

La tuta di ciniglia

L’estate: la stagione in cui si viaggia! Però fa sempre così freddo sull’aereo che quasi ci si ammala. Meglio optare per una tuta di velour, comoda per le lunghe trasferte e straordinario antidoto al settaggio polare dell’aria condizionata. Con pantalone rigorosamente a vita bassa, la tuta di ciniglia è stato un must-have degli anni 2000, con Britney che la abbinava a una micro-bag e a un paio di occhiali che, neanche a dirlo, avevano le lenti colorate. Quella volta il brand di riferimento per le ricche era Juicy Couture, ma non temete: anche su qualche bancarella dei mercati comunali di oggi si trova qualcosa. Basta saper guardare bene e avere l’occhio lungo per le occasioni.

Il miniabito sopra i jeans a zampa (e non)

Mia figlia ha questa cosa per cui non vuole mettere un vestito se sotto non ha un paio di pantaloni. Eppure è nata nel 2017, quando la moda di indossare un miniabito sopra i jeans (o la gonna sopra i più tremendi pinocchietti) non era già più in voga da un pezzo. Da quando, cioè, tutto il cast femminile di The O.C. (vedi alla voce Mischa Barton e Rachel Bilson) si presentava agli eventi del 2004 in tale mise. E noi, ragazzine che agognavano la realtà californiana, seguivamo il trend religiosamente, anche se la calura estiva raggiungeva dei livelli insopportabili persino la sera. Ma come eravamo sudate e felici, indossando i jeans a zampa e il vestitino con gli inserti di paillette!

La gonna asimmetrica

Non facciamola tragica: l’alternativa c’era. Ed era la gonna dal taglio asimmetrico, che per un certo periodo è stato il segno distintivo della Paris Hilton degli anni d’oro. Abbinata (manco a dirlo) al crop top e talvolta alla cintura bijoux sulla pancia (complice il piercing all’ombelico), la gonna asimmetrica era a vita bassa (avevate dubbi?) e di un materiale così leggero che la rendeva perfetta per le serate in discoteca. Considerato quello che si vedeva in giro, questo trend era quantomeno accettabile. Sì, diciamo così.

La pashmina

Per chi pensava che la tuta di ciniglia in aeroporto ad agosto fosse decisamente too much, un’altra soluzione all’aria condizionata in volo poteva essere la meno impegnativa pashmina. Più leggera, dava un tocco di classe (vabbè) all’intero outfit e poteva essere usata per coprire le spalle in chiesa, al sopracitato matrimonio a Ostuni. Un grande capo, soprattutto quando, qualche anno dopo, spopola nella versione coi teschi firmata da Alexander McQueen. E mi duole ammettere di essere stata vittima del suo fascino, in più tonalità di colori.

Gli UGG

Caldi, morbidi, confortevoli: gli UGG sono questo. Ma che dire quando vengono utilizzati d’estate, insieme a una minigonna e a un top? Dovremmo chiederlo a Beyoncé, che qualche anno fa li indossava senza colpo ferire. Idem per Nicole Richie e la miriade di fashion victim che non hanno avuto (e non hanno ancora) a cuore il benessere dei propri piedi accaldati, credo agognando un appuntamento dal podologo. Personalmente, mi è sempre sembrata una tortura; un po’ come gli anfibi a Formentera in pieno agosto. Ma, forse, quella volta ho solo visto male.

Le ciabatte col pelo

Non si può proprio negarlo: gli UGG d’estate sono obiettivamente immettibili. Tuttavia capisco che, per qualcuno, il pelo abbia la stessa malsana attrattiva che ha per me l’animalier. Dal 2016 è stato possibile unire l’utile al dilettevole, mettendo in commercio quello che ritengo sia il prodotto più interessante delle ultime stagioni estive: le ciabatte col pelo. Lungo, corto, sintetico, vero; che sia applicato sulla parte davanti o, per i più fini esteti, sotto il tallone, il pelo combinato alla ciabatta è (e rimane) uno dei pezzi migliori mai visti durante le passeggiate sul lungomare di ogni dove. Considerato com’è andata dagli anni ’90 a oggi, sono certa che il bello deve ancora venire.

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