Prima furono Shakira e Gerard Piqué, poi Francesco Totti e Ilary Blasi, Emily Rataikowski e Sebastian Bear-McClard, Adam Levine e Behati Prinsloo: un minimo comun denominatore fatto di sesso, bugie e tradimenti, che in barba ai soldi, ai Rolex, alle nudità più o meno esibite, ai video su TikTok, agli screenshot di messaggi privati, continua a causarci le principali prurigini.
Riusciamo ad accettare molte, forse troppe cose – la prima cosa che mi viene in mente: il tradimento politico di leader che saltellano allegramente da uno schieramento all’altro senza colpo ferire – ma le corna no, soprattutto se sono corna famose, infedeltà coniugali di coppie in cui lei, guarda caso, è bellissima, di successo, invidiatissima. E allora lì arriva la curiosità morbosa che ci fa rallentare quando vediamo un incidente in autostrada: mettiamo in pausa ciò che stiamo facendo e manifestiamo il nostro risentimento-barra-delusione scagliandoci contro il carnefice – come ha potuto? – e confermando la totale inaccettabilità sociale del tradimento. Che ancora, corre l’anno 2022, ci scandalizza e ci irretisce, nonostante in fondo ognuno sia liberissimo di scopare in giro, e se commette adulterio, be’, saranno anche affaracci suoi.
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«Le principali dinamiche che entrano in gioco quando ci rapportiamo alle notizie di tradimento in coppie famose sono l’identificazione e l’idealizzazione», spiega Chiara Maiuri, psicologa clinica. «L’identificazione perché il gossip o in generale l’affezionarsi ad alcuni personaggi gioca sul fatto che in qualche modo ci identifichiamo con loro e quindi viviamo spesso sul personale le gioie e i dolori che li accompagnano. Allo stesso tempo è presente una forma di idealizzazione rispetto alle persone famose, alle quali attribuiamo caratteristiche di perfezione, infallibilità e desiderabilità: siamo portati a credere che non possano mai essere toccati da qualcosa come un tradimento, come se avessimo bisogno di credere nella possibilità di un amore privo di macchie e di immaginare alcuni personaggi irreprensibili sotto ogni aspetto, di percepirli superiori ad altri».
Un vecchio adagio recita a grandi linee «Chiunque ha tradito o è stato tradito, chi lo nega è solo perché non lo sa»: ergersi a censori della morale comune è piuttosto ridicolo quando nel buio del nostro privato sotterriamo l’immondizia e crediamo che sfogare la frustrazione insultando l’Adam Levine di turno ci aiuti a sembrare irreprensibili. «C’è la propensione a nascondersi dietro a un costrutto sociale, a una morale che ancora adesso è difficile da modificare. La nostra mente spesso tende a funzionare per semplificazione, nel senso che operiamo una distinzione tra cosa è giusto e cosa è sbagliato, tra cosa va bene e cosa non va bene: il tradimento attiene a una sfera che non ci sforziamo e non vogliamo comprendere, e così è come se rimanesse cristallizzato, come se l’opinione a riguardo fosse immutabile. Senza contare che ammettere di fronte ad altre persone di essere indulgenti nei suoi confronti, crea di riflesso l’idea che si sia inclini a tradire».
Nel caso delle celeb, ci si convince che possedere bellezza, ricchezza e in generale tutto ciò che la gente pensa dia la felicità, funga da vaccino contro l’infedeltà: quando si ha tutto, per quale motivo si dovrebbe tradire il proprio partner o essere traditi? «Secondo questo ragionamento, ci si illude che il tradimento abbia solo a che fare con una questione di bellezza estetica, mentre in realtà entrano in gioco il senso del proibito, la vendetta e in generale dinamiche assai più profonde e istintuali che la nostra società è ancora parecchio riluttante ad accettare. Tradire un ideale può capitare, sì, ma rimane comunque un concetto lontano e astratto; il tradimento sessuale ci scandalizza perché è concreto, un qualcosa che un domani può capitare a me, a te e a chiunque altro ci sia vicino. Fa insomma scattare un meccanismo di identificazione molto potente, e – in più – ha a che fare con uno degli istinti primordiali dell’uomo rispetto al quale conserviamo un aspetto ambivalente: lo sfruttiamo, ma al tempo stesso cerchiamo di nasconderlo e di tenerlo a bada».
«Non perdoniamo il fatto di cedere all’istinto, il che principalmente è una colpa che facciamo ricadere sugli uomini – nonostante il tradimento avvenga anche a opera delle donne, ma sembra fare meno notizia. Sottolineiamo quasi con fierezza che l’uomo cede a questo tipo di istinti e gli diamo contro, demonizzandolo». Il che nasconde pure una forte ambivalenza, conclude Maiuri: «Ciò che ci disgusta spesso ci attrae perché il disgusto non è che l’altra faccia del piacere, ed esprimerlo rappresenta una sensazione in un certo senso orgasmica».
Morale, per servire lo scandalo basta un mix letale di invidia sociale, volontà castigatrice, paure mal celate e desiderio di essere come loro, ma meglio di loro: in sintesi, la pericolosissima attitudine che abbiamo a vivere vite che non sono la nostra, forse perché la nostra ci annoia, forse perché non è abbastanza scintillante, forse perché scopiamo poco. Probabilmente, se il tempo che perdiamo a commentare il sesso che fanno degli altri lo reinvestissimo facendolo noi, sesso, saremmo più felici. O quantomeno più rilassati.