Per qualche motivo oggi c’è una nuova attenzione sugli aspetti sociali della religione, un’attenzione che ottiene spazio anche sui media mainstream e innesca dibattiti su cosa può fare e non può fare chi ha deciso di seguire la sua vocazione religiosa e diventare prete o suora.
Lo abbiamo visto nel 2019 con la partecipazione di suor Cristina a Ballando con le stelle, con la concorrente che non aveva potuto esibirsi in diretta per poter prendere parte al momento di preghiera che le sue consorelle avevano previsto per il sabato di Pasqua. Vanity Fair aveva scritto che suor Cristina non avrebbe dovuto andare in quella trasmissione perché in quanto suora non poteva seguire le regole originarie della gara basata su balli di coppia – e infatti suor Cristina scendeva in pista con un vero e proprio team composto da un maestro di ballo e altre due ballerine.
Sei mesi dopo suor Cristina a Ballando con le stelle, un prete è quasi entrato nella casa del Grande fratello. Il prete in questione è don Alberto, che avrebbe rinunciato al programma dopo aver sostenuto un provino che è andato molto bene. Don Alberto, al secolo Alberto Ravagnani, è un parroco 26enne della provincia di Varese che negli ultimi mesi ha racimolato decine di migliaia di follower dopo essersi reinventato come youtuber cristiano.
Definito “il Marco Montemagno della Chiesa” o paragonato a Giovanni Muciaccia, fa video con titoli come Perché avere fede non è da sfigati, A cosa serve pregare, Come amare (a distanza) al tempo del coronavirus e dice di essersi buttato sul web – ha una presenza su Instagram e TikTok, oltre che su YouTube – per dire in maniera accattivante e con stile quello che la Chiesa dice da sempre.
Come spiega a Rolling Stone Daniele Venturi, presidente dell’Associazione Nazionale Papaboys, “don Alberto come altri ragazzi della sua generazione usa i nuovi e vecchi mass media per raccontarsi, per dare la propria testimonianza. La Chiesa è sempre stata presente laddove ci sono le persone. Gli spazi offerti dalla tv o dal web si aggiungono a quelli fisici. Gli uni non sostituiscono gli altri. Si è capito bene durante il recente lockdown quando i sacerdoti hanno aperto dei profili social perché dovevano tener chiuse, necessariamente, le chiese”.
È quindi giusto che un prete faccia video su YouTube o partecipi a un reality, e in questo suor Cristina e don Alberto sono due esempi di come la religione e i religiosi si stanno cercando di aprirsi ai nuovi media e di svecchiare la propria immagine – ma non sono affatto soli.
Su TikTok ad esempio c’è suor Claudia, una suora di Roma con origini argentine, che ha aperto l’account dopo esser stata per 10 anni nell’Amazzonia peruviana. I suoi video fanno milioni di visualizzazioni in 24 ore. Non appare mai senza filtri, usa l’effetto Sparkle di Chiara Ferragni, fa video in cui dopo mangiato ringrazia Dio con in sottofondo Good Times di Ghali. Duetta con utenti che per età potrebbero essere i suoi nipoti, fa balletti usa filtri da unicorno.
“TikTok è uno strumento usato da molti preti e suore del Sud America”, spiega a Rolling Stone Eleonora Arcolin, studentessa di Storia delle Religioni e divulgatrice sul tema molto seguita su Instagram. “Loro, come l’attuale pontefice, sono un esempio del progressivo spostamento del baricentro cattolico dall’Europa e dall’America del Nord all’America del Sud e all’Africa”.
“I preti e le suore dell’America del Sud usano TikTok come i ragazzi di tutto il mondo. Alla coreografie a tempo di musica aggiungono solo frasi brevi che accendono l’interesse dell’utente. Questo tipo di profili sono seguiti anche da persone non credenti che vogliono conoscere una religione che ha, inevitabilmente, un impatto sociale e un ruolo anche nel loro presente ateo”.
L’obiettivo di preti e suore sui social non è convertire, ma solo portare la propria testimonianza. Una cosa molto evidente se si osserva il profilo TikTok di don Alberto, i cui video raggiungono milioni di persone ma soprattutto scatenano migliaia di commenti e domande – a cui lui risponde con altri video e altri balletti. Il dibattito è acceso, con molta curiosità e molto rispetto.
“Le religioni hanno l’esigenza di raccontarsi in modo diverso e di essere aderenti al quotidiano delle persone”, spiega Arcolin. “Dopo aver contrastato la modernità il Cattolicesimo ha iniziato a dialogarci, dal Concilio Vaticano II in poi, cominciando a capire che anche i ‘nuovi’ mass media potevano essere utilizzati per divulgare la dottrina”.
“Chi crede che Papa Francesco da questo punto di vista sia un rivoluzionario”, aggiunge Venturi, “non conosce la dottrina. Papa Francesco è tradizionalista perché sta cambiando il linguaggio, non il messaggio. Quello è sempre lo stesso da millenni”. Solo che adesso lo troviamo espresso tramite balletti, sulle note di questa o quella hit che passa in radio.