Altro che “no future”: la regina del punk si è presa tutto il tempo che voleva e quando voleva. Vivienne Westwood compie 80 anni e sembra che per lei il tempo non passi mai. Non scorre, perché se ne frega da sempre del concetto di Kronos, cioè del tempo nelle sue dimensioni di passato presente e futuro, preferendo – consapevolmente o meno – il Kairos, il tempo opportuno, la buona occasione, il momento propizio. Questi ultimi hanno caratterizzato tutta la sua vita.
Non a caso, oltre al compleanno rotondo, nel 2021 festeggia i 50 anni d’esordio nella Swinging London e i 40 dalla prima sfilata in passerella destinata a consacrarla regina ribelle del fashion. Nata nelle Midlands inglesi l’8 aprile 1941, figlia d’una coppia di operai tessili del Derbyshire, inizia a disegnare abiti nel 1971 con il compagno Malcom McLaren, vendendoli nella storica boutique londinese al numero 430 di Kings Road. Da Let It Rock a Too Fast to Live, Too Young to Die, già dalle prime collezioni si ispira ai rocker, fra i quali Ringo Starr, fino ad arrivare all’esplicito Sex, che suscita uno scandalo e costringe la polizia a farli chiudere. Ma poco dopo riaprono con il nome di Seditionaires e la collezione del ’76 sarà quella che definirà la cultura punk che ancora oggi conosciamo. Il resto è storia.
Ma ci sono alcuni momenti nell’esistenza di questa icona della moda che ne hanno costruito la leggenda. Il primo riguarda la t-shirt che l’ha fatta arrestare. All’inizio a King’s Road, infatti, Vivienne produce vestiti piuttosto controversi come la t-shirt Destroy con la svastica, indossata anche da Sid Vicious. Nel 1975, viene processata per la maglietta che riporta il disegno di due cowboy nudi. L’accusa è di indecenza pubblica, nonostante in Inghilterra l’illegalità dell’omosessualità sia stata già revocata da otto anni.
Oppure, quando si presenta a Buckingham Palace senza biancheria intima. Non una, ma ben due volte. La prima nel 1992, quando viene insignita nientemeno che dalla regina Elisabetta, la seconda nel 2006, quando è nominata Dama dal principe Carlo. In quest’ultima occasione, avvicinata dalla stampa, dichiara semplicemente: «Non chiedete. La risposta è la stessa: non le indosso sotto i vestiti. Quando metto i pantaloni, ogni tanto potrei avere i boxer di seta di mio marito». Chapeau.
Per non dimenticare quando si presta a impersonare Margaret Thatcher sulla cover di Tatler nel 1989. Così scrive nella sua biografia: «Anni fa, quando lei era al potere, ho impersonato Margaret Thatcher… Il completo che ho indossato era stato ordinato proprio da Margaret Thatcher da Aquascutum, ma in seguito lei aveva cancellato l’ordine. […] Questa cover per Tatler è finita ovunque durante London Fashion Week: persino io ho dovuto guardarla due volte per capire che si trattava veramente di me. Una settimana dopo, l’editor di Tatler Emma Soames è stata licenziata. Non ho mai chiesto a Emma se ci fosse una relazione tra le due cose».
Ma è famoso anche il suo impegno politico. Non si è mai risparmiata, dalle critiche appunto alla Thatcher alle proteste anti-fracking che la vedono in prima fila tutt’oggi, così come ha sempre precorso i tempi verso l’attenzione alla natura. Nel 2014 si presenta a Downing Street portando come regalo di Natale a David Cameron una scatola di amianto. Oppure, alla cerimonia di chiusura delle Paralimpiadi di Londra stupisce tutti srotolando un manifesto in bianco e nero che recita “Climate Revolution”. E ancora nel 2014, in un video dell’organizzazione PETA, Vivienne parla alla telecamera della campagna per il vegetarianesimo indossando solamente una cuffietta in plastica mentre si fa la doccia completamente nuda.
Definita semplicisticamente “Queen of the Punk”, in realtà rispetto a quel movimento ha saputo costruire e non solo distruggere. Tanto che prima di Greta Thunberg aveva già le idee chiare su quale fosse l’idea di futuro su cui dovrebbe basarsi l’umanità: una rivoluzione verde attraverso “la guerra per la sopravvivenza della razza umana e del pianeta”.