“Ti prego, non aprire il film con una di quelle solite scene in cui la band nel backstage percorre il corridoio per salire sul palco” raccomanda Chris Martin a Mat Whitecross, il regista di A Head Full of Dreams. E, naturalmente, il documentario inizia esattamente con quelle immagini ad accompagnare l’audio della telefonata. Una concessione autoironica, una strizzata d’occhio a Chris e soci in quella che è una celebrazione reverenziale e affettiva dei 20 anni che hanno portato i Coldplay alla conquista del mondo, fino all’ultimo, spettacolare tour.
E non potrebbe essere altrimenti, perché Mat Whitecross (quello che in Supersonic ha catturato ascesa e scontri dei fratelli Gallagher) ai Coldplay vuole bene. Anzi, vuole bene a Chris, Guy, Jonny e Will. Solo un amico poteva ammiccare così apertamente, solo un amico poteva accompagnare a ogni pezzo della storia le immagini adeguate, quelle vere. Perché lui c’era: ha incontrato gli Starfish al college nel 1996, ha immortalato la loro prima esibizione al Dublin Castle di Camden Town. Un anno dopo loro sono diventati i Coldplay e lui non ha mai smesso di filmarli da allora. Un approccio che potrebbe segnare un genere emergente di documentari musicali: l’origin movie visto da un insider, in cui i filmati dei successi contemporanei si mescolano a un tesoretto di video analogici (alcuni piuttosto imbarazzanti) girati da amici o familiari tra giorni di scuola, capatine alle feste studentesche, esibizioni in dormitori, primissimi concerti, con la faccia adolescenziale delle star in primissimo piano. C’è un Chris Martin magrolino e capellone, ma con gli occhi pieni vita, di energia e di musica: “È la forza creativa inarrestabile della band, è il nostro migliore amico, un genio” dicono di lui il bassista Guy Berryman, il chitarrista Jonny Buckland e il batterista Will Champion, che il lungometraggio ci dà democraticamente modo di conoscere.
Anche se è inevitabile: è lui, il golden boy, a emergere, instancabile, divertente, insicuro. Nella telefonata iniziale Martin confessa al regista di non voler vedere il film: “Temo che avrei la tentazione di togliermi da ogni inquadratura”. Pochi minuti dopo eccolo, spavaldo e con l’apparecchio ai denti, che si rivolge alla camera: “È il 26 giugno del 1998, tra quattro anni questo video sarà sulla tv nazionale perché i Coldplay saranno una grande band. Chris, Guy, Jonny e Will, non dimenticate questi nomi”.
Stacco di montaggio. Quattro anni e tre giorni dopo il gruppo è tra gli headliner di Glastonbury. Ma quella dichiarazione non ha il sapore della spacconeria made in Noel e Liam, piuttosto sembra una premonizione, una promessa, un intento. Il resto è storia della musica. A Head Full of Dreams va avanti e indietro nel tempo mixando le immagini stupefacenti dei coloratissimi spettacoli dal vivo dei Coldplay con il materiale d’archivio e di backstage, commentato dalle voci fuori campo dei protagonisti: il quartetto in studio o in ufficio, che discute amabilmente di cosa dovrebbe andare nell’album, che suona, ride, si confronta, fa le prime interviste, se la prende con la stampa quando il New York Times definisce i Coldplay “la band più insopportabile”. Anche se la riflessione qualche anno dopo è: “Non puoi piacere a tutti, se ci provi, sicuramente fallirai”.
Di down in 20 anni, dai locali luridi di Camden ai più grandi stadi dei cinque continenti, ce ne sono stati, ovvio, ma a Whitecross non interessa sottolinearli troppo, esattamente come ai fan dei Coldplay non interessa approfondirli. Per dovere di cronaca il documentario mostra tutti i momenti più turbolenti: la cacciata del batterista per caso Will Champion, l’allontanamento volontario del loro primo manager e “quinto membro della band” Phil Harvey, il disastroso sbarco in America dopo il riconoscimento nel Regno Unito. Ma Chris Martin ammette che ha fatto “lo stronzo con Will”, Phil è ritornato a casa e del successo planetario beh, è inutile dire… Insomma, come ogni altra cosa in questa storia, le fratture sono state rapidamente sanate e i legami fraterni ne sono usciti ancora più saldi.
Persino il “disaccoppiamento consapevole” (come l’hanno definito loro) del frontman con Gwyneth Paltrow e la depressione di lui vengono raccontati con estrema delicatezza: Martin spiega che aveva bisogno “di cantare per arrivare a fine giornata”, i colleghi si prendono cura di lui, “volevamo che la musica gli portasse il conforto che gli ha sempre portato, volevamo essere i suoi amici di musica. Siamo una famiglia”. Un viaggio che Chris Martin ha definito “dalla solitudine assoluta all’amicizia assoluta” e da cui, guarda caso, è uscito qualcosa di buono (e super redditizio): il sesto album della band, Ghost Stories.
Le canzoni ci sono, live e in studio, e spesso quelle più amate e celebri vengono rivelate in modi non convenzionali: c’è Beyoncé che registra Hymn for the Weekend nel caos disordinato di una delle camerette dei figli di Martin o il produttore Brian Eno che caccia il frontman da alcune sessioni durante le registrazioni di Viva la Vida, a causa del suo eccessivo perfezionismo.
Sì, i Coldplay sono quanto di più lontano ci sia dal cliché scandali e rock ‘n’ roll dei documentari musicali: sono quattro ragazzi inglesi, educati e borghesi, quattro tipi piuttosto “ordinari” che però quando fanno musica funzionano come un insieme straordinario. Non hanno mai voluto distruggere il sistema o fare le star, hanno sempre e solo desiderato diventare i Coldplay.
E ora la missione è compiuta, tanto che durante l’ultimo show dell’ultimo tour Martin confessa: “Non so cosa ci sarà dopo. Non credo che ci sarà un altro album convenzionale dei Coldplay, è come la fine di un’era, ma ho fede nel futuro”.
Un tentativo di preparare i fan a un possibile distacco? Forse, ma sul palco di Buenos Aires, immerso nei colori dello show e a fianco degli amici di una vita, Chris Martin subito dopo rassicura quello stesso pubblico: “Ci siamo dentro insieme, siamo un’unica grande band, tutto è possibile se non vi arrendete e se credete nell’amore”.
A Head Full of Dreams cerca sempre di illuminare il lato positivo, edulcorando un pochino e sorvolando qua e là. Ma se volete bene ai Coldplay almeno la metà di quanto gliene vuole Mat Whitecross, il documentario vi entusiasmerà.
Coldplay: A Head Full of Dreams arriva al cinema come evento speciale solo il 14 novembre e sarà in esclusiva su Amazon Prime Video dal 16 novembre.