Gianluca Grignani - A volte esagero | Rolling Stone Italia
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Gianluca Grignani – A volte esagero

Quanti pregiudizi avete nei confronti di Gianluca Grignani? Tranquilli, chi scrive potrebbe averne il doppio. Abbastanza da farsi balenare meschinissimi sospetti da complottisti sui recenti guai legal-temperamentali del cantautore milanese e sul tempismo con cui, proprio tra il primo singolo e l’album, il pubblico è stato una volta di più esposto al suo personaggio di […]

Quanti pregiudizi avete nei confronti di Gianluca Grignani? Tranquilli, chi scrive potrebbe averne il doppio. Abbastanza da farsi balenare meschinissimi sospetti da complottisti sui recenti guai legal-temperamentali del cantautore milanese e sul tempismo con cui, proprio tra il primo singolo e l’album, il pubblico è stato una volta di più esposto al suo personaggio di dolce, irrecuperabile maledetto.E guarda caso, in tutto il disco, composto prima dei fatti di quest’estate, l’artista va scusandosi per i casini che combina (tipo: «Cazzate che ho fatto nella vita, me le trovo di fronte come la mia storia tra le dita»). Pare quasi un concept album su quella fragilità esplosiva che da due decenni è il suo leit-motiv, con un tono che varia dalla rabbia alla sofferenza, dall’autocommiserazione alla richiesta d’aiuto. E con tanta Vaschitudine.Lirica e musicale, insieme a soffi prog e psichedelici, generi da lui già sfiorati in passato (vedi il Jethro-flauto di Madre o l’arrangiamento perlaceo di L’amore che non sai). Ma nel disco scorre soprattutto, pieno e sicuro, un rock romantico vivaddio lontano dalle moine di Negramaro e Modà. Certo, il giudizio finale dipende da quanto siete affezionati ai vostri pregiudizi: se non lo siete, questo è un disco più che buono. Forse, molto buono. Ma se non riuscite a rinunciarvi, forse siete fragili anche voi. Ma di ciò Gianluca Grignani non potrà davvero biasimarvi.

Quanti pregiudizi avete nei confronti di Gianluca Grignani? Tranquilli, chi scrive potrebbe averne il doppio. Abbastanza da farsi balenare meschinissimi sospetti da complottisti sui recenti guai legal-temperamentali del cantautore milanese e sul tempismo con cui, proprio tra il primo singolo e l’album, il pubblico è stato una volta di più esposto al suo personaggio di dolce, irrecuperabile maledetto.

E guarda caso, in tutto il disco, composto prima dei fatti di quest’estate, l’artista va scusandosi per i casini che combina (tipo: «Cazzate che ho fatto nella vita, me le trovo di fronte come la mia storia tra le dita»). Pare quasi un concept album su quella fragilità esplosiva che da due decenni è il suo leit-motiv, con un tono che varia dalla rabbia alla sofferenza, dall’autocommiserazione alla richiesta d’aiuto. E con tanta Vaschitudine.

Lirica e musicale, insieme a soffi prog e psichedelici, generi da lui già sfiorati in passato (vedi il Jethro-flauto di Madre o l’arrangiamento perlaceo di L’amore che non sai). Ma nel disco scorre soprattutto, pieno e sicuro, un rock romantico vivaddio lontano dalle moine di Negramaro e Modà. Certo, il giudizio finale dipende da quanto siete affezionati ai vostri pregiudizi: se non lo siete, questo è un disco più che buono. Forse, molto buono. Ma se non riuscite a rinunciarvi, forse siete fragili anche voi. Ma di ciò Gianluca Grignani non potrà davvero biasimarvi.

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