Anna Calvi, leggi la recensione di ‘Hunter’ su RollingStone.it | Rolling Stone Italia
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Anna Calvi affascina anche senza il suo Nick Cave

Ormai sono lontani i tempi del paragone con PJ Harvey e con ‘Hunter’ la cantautrice firma la sua definitiva consacrazione cantando del suo cuore infranto

Negli ultimi 25 anni qualsiasi donna bianca che abbia strimpellato una chitarra elettrica è stata accostata a PJ Harvey. La signora di Yeovil è stata uno spartiacque talmente profondo nell’immaginario rock di matrice femminile, che probabilmente ne incarnerà l’unità di misura ancora a lungo. Raramente però qualsiasi paragone è stato davvero sensato, vuoi perché gli anni Novanta sono finiti da un pezzo, vuoi perché non c’è in giro un equivalente di Nick Cave con il quale duettare e al quale spezzare il cuore, vuoi perché ci vuole una montagna di carisma, credibilità e sensualità, che non si comprano al supermercato.

Un problema che non riguarda Anna Calvi, che invece di carisma, credibilità e sensualità ne ha una bella scorta e, già dall’esordio del 2011, il paragone con PJ Harvey non risultava un esercizio di stile (questo deve averlo notato anche lo stesso Nick Cave, che non a caso al tempo la invitò ad aprire i suoi concerti). I paragoni però lasciano il tempo che trovano, quando di mezzo c’è un album che sin dal primo ascolto denota un grande spessore, arrangiamenti raffinati e ricerca nei contenuti. Insomma tutto quello che presagisce a una definitiva consacrazione.

Anche alle origini di questa storia c’è un cuore spezzato: quello di Anna Calvi, che dopo la fine di una relazione di otto anni con un uomo, si innamora di una donna e scappa con lei a Strasburgo a scrivere e a comporre. L’intimità e le riflessioni sull’identità di genere vengono sviscerate in presa diretta, in pezzi come As a Man e Alpha l’ascoltatore viene attraversato da uno stimolante flusso di coscienza in cui l’autrice condivide stati d’animo a lei prima inediti.

Tutto l’album si fonda su un art-rock androgino e fluido, dalla carica erotica dell’omonima Hunter, passando per la pomposa Swimming Pool, fino alle rivendicazioni di Chain: “I’ll be the boy you be the girl/ I’ll be the girl you be the boy”. Ma insieme a tutto questo ci sono le chitarre avvolgenti, i ritornelli azzeccati e una voce in stato di grazia, delicata o possente all’occorrenza.

Tornando ai paragoni: PJ Harvey è stata la prima artista femminile solista a vincere il Mercury Prize e l’unica al mondo ad averlo vinto due volte, un premio al quale Anna Calvi è stata nominata per entrambi gli album precedenti. Ecco, forse i tempi sono maturi per vincerlo. Perché di sicuro quello non si compra al supermercato.

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