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Bloodstained: Ritual of the Night – Recensione

Il papà di Castlevania torna alla ribalta con quello che sa fare meglio… i Castlevania, ma dopo 10 anni la serie ha cambiato padrone e carta d’identità
4 / 5

Se volessimo fare una classifica dei videogiochi che hanno incassato di più su Kickstarter, per poi abbandonare i propri finanziatori alle loro aspettative, al primo posto svetterebbe di parecchie spanne Star Citizen, che dopo aver raggranellato circa 250 milioni di dollari è a “tanto così” dal diventare il primo Schema Ponzi a sfondo videoludico. Secondo gradino del podio per Shenmue 3, che proprio recentemente è stato rimandato per l’ennesima volta. La medaglia di bronzo fino a pochi giorni fa sarebbe spettata a Bloodstained: Ritual of the Night, ma ora che è uscito possiamo toglierlo dalla categoria dei vaporware pagati a peso d’oro e dedicarci alle aspettative di cui sopra.

Il gioco è tradotto in italiano, anche se non proprio benissimo.

Ritorno al passato

Koji Igarashi è uno dei game designer più strani di sempre. Dopo aver lavorato per anni in Konami (una vera fucina di casi umani, vedi il buon Kojima-san) e aver portato al successo planetario la serie Castlevania, ha deciso di mettersi in proprio. Non ha abbandonato cappello e frusta, un abbigliamento che da sempre lo accompagna nelle occasioni mondane, e si è messo al lavoro su quello che sa fare meglio… Castlevania appunto. Dopo un tempo di lavorazione lunghissimo e più di un cambio di direzione dal punto di vista artistico, Bloodstained: Ritual of the Night è finalmente arrivato sugli scaffali dei negozi, con milioni di occhi puntati addosso. Tutti lo aspettavano al varco per scaraventargli addosso l’appellativo di clone venuto male. Invece sapete che c’è, che il buon Iga ha fatto centro ancora una volta, con buona pace della stessa Konami che ormai sembra aver dimenticato le sue radici e va avanti solo a colpi di pachinko e raccolte amarcord.

La scelta di Iga e il suo team è stata semplice: prendere quanto di buono fatto nei migliori Castlevania e riproporlo con un comparto grafico accattivante e qualche piccola novità non troppo distante da quello che i fan di vecchia data si aspettano. Dracula non c’è più e neanche la famiglia Belmont, al loro posto troviamo personaggi inediti, demoni che infestano i cieli ingrigiti dalla rivoluzione industriale e una trama nuova di zecca anche se non particolarmente originale. Ma ciò che importa è lui, mastro gameplay. Ci da quello che aspettavamo? Osa la dove potrebbe?

Riti antichi, maledizioni, tradimenti familiari e redenzioni che tardano ad arrivare, elementi narrativi ben noti che ritornano in Bloodlines come gran parte degli stilemi ludici che hanno reso celebre la saga Konami. Progressione di gioco, acquisizione dei poteri, famigli, lampade che nascondono vita e spirito, scrigni nascosti, mappe enormi, fruste, boss giganteschi e respawn infinito dei nemici. Questo è Castlevania con indosso una sfarzosa maschera del Carnevale di Venezia.

Ritual of the Night ha ereditato tutto da Castlevania, anche alcuni piccoli difetti nelle collisioni dei salti.

Control C, Control V

Praticamente una fotocopia ben fatta, che va benissimo se è questo ciò che aspettavate. Se invece siete a caccia di qualcosa di nuovo non lo troverete di certo qui. Il team di sviluppo ha osato poco o niente, ma si è impegnato davvero tanto per fare alla grande quello che gli veniva richiesto. La colonna sonora ad esempio è incredibilmente suggestiva, alla pari della leggendaria soundtrack di Symphony of the Night, e il posizionamento dei “pezzi” in base alle situazioni di gioco e ai luoghi che esplorerete sfiora la perfezione. Il level design è come sempre curatissimo e concede al giocatore l’opportunità di scovare zone sempre nuove in base alle abilità che riesce a sbloccare.

I poteri di Miriam, la protagonista, vengono assorbiti attraverso dei cristalli che spesso vengono “droppati” dai nemici e possono essere potenziati nel laboratorio alchemico che funge da base d’appoggio. Le abilità offensive e difensive potranno essere cambiate in qualsiasi momento nell’apposito menù, sarete voi a decidere quale sia il set-up più adatto al vostro stile di gioco. Sono letteralmente centinaia i pezzi di equipaggiamento che potrete recuperare, ognuno con statistiche e caratteristiche bonus differenti, e numerose sono anche le armi, che comprendono anche pistole e moschetti con cui attaccare a distanza.

Avrete una miriade di varianti per personalizzare la protagonista, sia esteticamente che a livello di poteri.

Anche sotto i sassi

Riuscire a completare l’intera avventura senza tralasciare alcun angolo può richiedere anche 20 ore, ma anche dopo aver sconfitto il boss finale (indovina indovinello, chi sarà?) di incentivi per proseguire la caccia ne avrete. È infatti possibile accettare missioni secondari dagli abitanti del villaggio e creare armi leggendarie recuperando materiali particolarmente rari che hanno un drop-rate a volte inferiore ad 1-100. Per chi ama questo genere è una goduria indescrivibile e il periodo d’uscita è praticamente perfetto… soprattutto nel caso decidiate di acquistare l’edizione Switch, che vi seguirà fedelmente anche sotto l’ombrellone. Il neo forse più fastidioso non appartiene al cuore ludico di Bloodlines ma alla localizzazione italiana, davvero di mediocre qualità. Se ne avete la possibilità vi consigliamo di giocarlo con i sottotitoli in inglese, decisamente più curati.

Da oltre 10 anni i fan di Castlevania aspettavano un nuovo capitolo 2D della saga degno del suo lignaggio. Avrà anche cambiato nome e stile grafico, ma è valsa la pena aspettare perché una volta zittite le immancabili voci fuori dal coro Bloodlines verrà ricordato come una delle migliori produzioni di Koji Igarashi. Un accattivante miscela di art style moderno, game design tradizionale e ritmo. Lo vogliamo etichettare con l’abusato termine di “erede spirituale”? Perché no, mai come in questo caso calza a pennello.

 

Produttore: ArtPlay

Distributore: 505 Games

Lo puoi giocare su: Switch, PS4, Xbox One, PC

 

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