Bonobo – Migration | Rolling Stone Italia
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Bonobo – Migration

Leggi su Rollingstone.it la recensione di "Migration", l'ultimo disco di Bonobo

Non sappiamo se Migration, titolo del sesto album di Bonobo, stia a indicare una qualche sensibilità di Simon Green per il fenomeno degli spostamenti di massa che lambisce le coste del Mediterraneo. Tuttavia il disco costituisce una netta “migrazione”, dalle atmosfere più orecchiabili dell’ultimo The North Borders e inglesi di Black Sands. Dagli ultimi lavori in studio ne sono passati di tour e di spostamenti e in questo continuo errare alla ricerca di una dimora, Simon si trasferisce in California, dove ha modo di diluire le sue texture di elettronica downtempo con altri stili e influenze. Le caleidoscopiche dinamiche dell’album si percepiscono su tutte nella traccia dalla matrice world, che vede la partecipazione del gruppo marocchino Innov Gnawa, Bambro Koyo Ganda: qui i bassi corposi si mescolano alle percussioni e una serie di canti in un continuum ipnotico e coinvolgente. Al contrario, le voci del duo Rhye, di Nicole Miglis (Hundred Waters) e di Nick Murphy (Chet Faker) rispettivamente in Break Apart, Surface e No Reason tendono ad assumere tagli più malinconici e indie, anche se nella terzultima traccia la voce cede il passo a un ritmo molto cadenzato. Green non sembra del tutto abbandonare le sue origini, tanto che Outliner e Kerala hanno parvenze post dubstep. E se l’enfasi sul ritmo, spezzato e non come il 4/4 di 7th Sevens, è una scrittura che Bonobo sa maneggiare bene, è in tracce quasi strumentali, come la title track e Second Sun, intervallate da qualche campione vocale, che ci rende partecipi della sua sofisticata abilità nella composizione e negli arrangiamenti di eterei paesaggi sonori. Oltre al field recording sul finale trovano spazio le derive (tr)hip hop di Ontario e Figures, che ci fanno intendere quanto Migration sia un disco dalla natura fortemente eclettica e transitoria. La frenesia, la seduzione, la bellezza, la malinconia, la gioia sono tutti ritmi dell’esistenza umana che Simon ha tentato di catturare e restituire attraverso diverse palette sonore, tra Massive Attack e Burial.

La recensione è stata pubblicata su Rolling Stone di gennaio. Potete leggere l'edizione digitale della rivista, basta cliccare sulle icone che trovi qui sotto.
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Non sappiamo se Migration, titolo del sesto album di Bonobo, stia a indicare una qualche sensibilità di Simon Green per il fenomeno degli spostamenti di massa che lambisce le coste del Mediterraneo. Tuttavia il disco costituisce una netta “migrazione”, dalle atmosfere più orecchiabili dell’ultimo The North Borders e inglesi di Black Sands. Dagli ultimi lavori in studio ne sono passati di tour e di spostamenti e in questo continuo errare alla ricerca di una dimora, Simon si trasferisce in California, dove ha modo di diluire le sue texture di elettronica downtempo con altri stili e influenze. Le caleidoscopiche dinamiche dell’album si percepiscono su tutte nella traccia dalla matrice world, che vede la partecipazione del gruppo marocchino Innov Gnawa, Bambro Koyo Ganda: qui i bassi corposi si mescolano alle percussioni e una serie di canti in un continuum ipnotico e coinvolgente. Al contrario, le voci del duo Rhye, di Nicole Miglis (Hundred Waters) e di Nick Murphy (Chet Faker) rispettivamente in Break Apart, Surface e No Reason tendono ad assumere tagli più malinconici e indie, anche se nella terzultima traccia la voce cede il passo a un ritmo molto cadenzato. Green non sembra del tutto abbandonare le sue origini, tanto che Outliner e Kerala hanno parvenze post dubstep. E se l’enfasi sul ritmo, spezzato e non come il 4/4 di 7th Sevens, è una scrittura che Bonobo sa maneggiare bene, è in tracce quasi strumentali, come la title track e Second Sun, intervallate da qualche campione vocale, che ci rende partecipi della sua sofisticata abilità nella composizione e negli arrangiamenti di eterei paesaggi sonori. Oltre al field recording sul finale trovano spazio le derive (tr)hip hop di Ontario e Figures, che ci fanno intendere quanto Migration sia un disco dalla natura fortemente eclettica e transitoria. La frenesia, la seduzione, la bellezza, la malinconia, la gioia sono tutti ritmi dell’esistenza umana che Simon ha tentato di catturare e restituire attraverso diverse palette sonore, tra Massive Attack e Burial.

La recensione è stata pubblicata su Rolling Stone di gennaio.
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