Drake definisce il suo superbo More Life una playlist, non un album e neanche un mixtape, ma forse è proprio per questo che suona così espressivo, così emozionale: Drake alla quintessenza. Quando arrivi al punto, Aubrey Graham è una playlist vivente – un vero visionario del pop che è un fan in fondo al cuore, un onnivoro con un appetito inesauribile per le nuove tendenze musicali. More Life è la sua più raffinata creazione degli ultimi anni, sorridente e indulgente, con 22 tracce per 82 minuti, un tour completo di tutti i ritmi nella sua testa, dal grime (No Long Talk) alla dancehall caraibica (Blem), fino all’house sudafricana (Get It Together) e, ancora, agli Earth, Wind & Fire (Glow). Ma più amplia la gamma dei suoni, più suona personale. Più spazia intorno al mondo e più scava a fondo nella sua Drakeitudine.
Suona molto più personale del suo fortunato album del 2016, Views. Ed è più divertente rispetto ai suoi mixtape, come If You’re Reading This It’s Too Late. Include, generosamente, artisti solisti come Sampha e Skepta, regalando spazio ai nuovi volti di Londra come Giggs e Jorja Smith oltre alle divinità di Atlanta, come 2 Chainz e Young Thug.
Potrebbe anche pavoneggiarsi per il suo successo internazionale, costruito su One Dance. Ma, inutile ribadirlo, Drake resta sempre Drake, in qualsiasi genere si muova.
Uno degli ospiti più sorprendenti è la mamma di Drake, che lascia un messaggio in segreteria alla fine di Can’t Have Everything: “You know, hon, I’m a bit concerned about this negative tone that I’m hearing in your voice this days” (“Sai, caro, sono un po’ preoccupata di questo tono negativo che sento nella tua voce ultimamente”). La signora colpisce nel segno, e Drake lo sa, ma l’inserimento di quell’avviso materno è molto più di un’ottima punch line: è un segnale che sta a ricordare come Drake funzioni molto meglio quando si ricorda di guardare un po’ oltre. E su More Life, si nasconde di meno e si espone di più – facendo un grande favore alla sua musica.
