La prima serie tv con Julia Roberts è un mistero quasi impossibile da discutere senza rovinare la suspense. Miss Sorriso è la reginetta indiscussa di Homecoming, ma non è l’unico motivo per rimanere ipnotizzati. Anche perché qui da sorridere c’è ben poco.
Il suo personaggio, Heidi Bergman, è un’assistente sociale all’Homecoming Transitional Center, struttura che ha il compito di aiutare i soldati di ritorno dalla guerra a reinserirsi nella vita civile. Anni dopo ritroviamo Heidi a fare la cameriera in una tavola calda, poco propensa a rispondere alle domande di un uomo del dipartimento della Difesa su quello che accadeva nel centro. Basato sul podcast di Eli Horowitz e Micah Bloomberg, Homecoming è un enigma psicologico moderno, con la trama vecchio stile dei conspiracy thriller.
Nella traduzione visiva di Sam Esmail acquisisce ancor più eleganza e inquietudine. Il creatore di Mr. Robot torna ai maestri del genere – Hitchcock, De Palma, Pakula –, recuperandone il linguaggio e usando i suoi caratteristici campi lunghissimi e le inquadrature decentrate per aumentare l’effetto di disagio. Se la prova del nove per un regista è affidargli scene in cui due persone parlano in una stanza, Homecoming si sviluppa tra sedute psicologiche, colloqui individuali e interrogatori, con Esmail che fa fluire il dialogo tra primi piani hitchcockiani, aggiungendo angolature angoscianti per enfatizzare il collegamento alla (giustificata) paranoia americana contemporanea.
Dei classici il regista utilizza anche le musiche: la maggior parte sono di Pino Donaggio, il compositore di De Palma. C’è persino uno dei temi di Carrie, richiamo raffinato alla presenza di Sissy Spacek nei panni della madre di Heidi. E poi ci sono i clic, i ronzii minacciosi delle linee telefoniche: chi altro è in ascolto?
La Roberts paradossalmente ha forse la parte meno appariscente del cast, con una parrucca bruttissima a normalizzare il volto iconico, per ricordarci che, se verve e carisma l’hanno resa una star, risulta irresistibile soprattutto quando è fragile. È la sua vulnerabilità che contribuisce a fare di Homecoming un thriller da brividi, ma anche uno sconvolgente dramma umano.