Cristina Donà - Così vicini | Rolling Stone Italia
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Cristina Donà – Così vicini

È chiaro ormai da anni come Cristina Donà rappresenti uno dei migliori rifugi per chi va inerpicandosi tra i sentieri scivolosi della musica femminile, alla ricerca di un corrispettivo italiano delle varie Pj Harvey-Joan as Policewoman-Cat Power. Così vicini, il suo ottavo album, è l’ennesima riprova del riparo che la cantautrice, che tra i monti […]

È chiaro ormai da anni come Cristina Donà rappresenti uno dei migliori rifugi per chi va inerpicandosi tra i sentieri scivolosi della musica femminile, alla ricerca di un corrispettivo italiano delle varie Pj Harvey-Joan as Policewoman-Cat Power.Così vicini, il suo ottavo album, è l'ennesima riprova del riparo che la cantautrice, che tra i monti dell'Alta Val Seriana vive, compone e scrive ormai da tempo, può offrire.Un riparo ma non una ripetizione del passato. Molto diversificati appaiono, infatti, i dieci brani presenti: tra loro e anche rispetto agli album precedenti, come nel penultimo Torno a casa a piedi dove il suono era più omogeneo e colorato.Una scelta ben precisa quella della Donà che ha cercato di dare più importanza «a ogni singolo strumento all'interno di ogni brano, perché ognuno avesse la sua anima musicale ben precisa» ed è poi ricorsa, molto di più che in passato, a una maggiore melodia perché le sue canzoni fossero “quasi canticchiabili sotto la doccia”, senza che ciò possa far scattare il campanello d'allarme. Anche se il piglio aggressivo e la voce graffiante sono decisamente calati rispetto al passato e questo può dispiacere.Un lavoro dove ogni tassello è cesellato insieme con l'apporto di Saverio Lanza, (ancora una volta produttore e compositore delle musiche insieme alla Donà) come se fosse elettronico, anche se gli strumenti ci sono eccome.Così si va da un'intro figlia dell'indie-rock italiano anni '90 piuttosto che degli Echo and the Bunnymen di Il senso delle cose a una coda psichedelica di L'infinito nella testa. Da una chitarra scarna in Perpendicolare a un tripudio di archi in Senza parole, brano finale.Mentre per i testi il tema principale, declinato in vari modi, è facilmente delineabile: la necessità di trovare il modo di comunicare in maniera più profonda nella società che tutto vive in streaming. La Donà confessa di non amare la dipendenza da smartphone (isolata sulle montagne, va bene, ma fino a un certo punto...) e cerca rimedi.Verrebbe da dire che la consapevolezza è già un passo importante verso la guarigione. Se non fosse anche questa una ricerca di auto-assoluzione di chi scrive.

È chiaro ormai da anni come Cristina Donà rappresenti uno dei migliori rifugi per chi va inerpicandosi tra i sentieri scivolosi della musica femminile, alla ricerca di un corrispettivo italiano delle varie Pj Harvey-Joan as Policewoman-Cat Power.

Così vicini, il suo ottavo album, è l’ennesima riprova del riparo che la cantautrice, che tra i monti dell’Alta Val Seriana vive, compone e scrive ormai da tempo, può offrire.

Un riparo ma non una ripetizione del passato. Molto diversificati appaiono, infatti, i dieci brani presenti: tra loro e anche rispetto agli album precedenti, come nel penultimo Torno a casa a piedi dove il suono era più omogeneo e colorato.

Una scelta ben precisa quella della Donà che ha cercato di dare più importanza «a ogni singolo strumento all’interno di ogni brano, perché ognuno avesse la sua anima musicale ben precisa» ed è poi ricorsa, molto di più che in passato, a una maggiore melodia perché le sue canzoni fossero “quasi canticchiabili sotto la doccia”, senza che ciò possa far scattare il campanello d’allarme. Anche se il piglio aggressivo e la voce graffiante sono decisamente calati rispetto al passato e questo può dispiacere.

Un lavoro dove ogni tassello è cesellato insieme con l’apporto di Saverio Lanza, (ancora una volta produttore e compositore delle musiche insieme alla Donà) come se fosse elettronico, anche se gli strumenti ci sono eccome.

Così si va da un’intro figlia dell’indie-rock italiano anni ’90 piuttosto che degli Echo and the Bunnymen di Il senso delle cose a una coda psichedelica di L’infinito nella testa. Da una chitarra scarna in Perpendicolare a un tripudio di archi in Senza parole, brano finale.

Mentre per i testi il tema principale, declinato in vari modi, è facilmente delineabile: la necessità di trovare il modo di comunicare in maniera più profonda nella società che tutto vive in streaming. La Donà confessa di non amare la dipendenza da smartphone (isolata sulle montagne, va bene, ma fino a un certo punto…) e cerca rimedi.

Verrebbe da dire che la consapevolezza è già un passo importante verso la guarigione. Se non fosse anche questa una ricerca di auto-assoluzione di chi scrive.

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