Endesommermelancholie è un termine tedesco che indica quel complesso coacervo di sensazioni contrastanti che proviamo quando l’estate volge al termine: malinconia, mestizia, ma anche una strana felicità difficile da mettere a fuoco, un profondo senso di rigenerazione, come se fossimo a stretto contatto con il naturale e inesorabile corso delle cose. Non è vero, è un termine assolutamente inventato su due piedi, ma se esistesse, sarebbe la descrizione perfetta per ogni canzone mai registrata da Devendra Banhart, che per quanto dietro alla sua pionieristica e folta barba hipster, sembri sempre un eterno giovanotto, inizia ad averne registrate parecchie.
Per il suo decimo disco – terzo in uscita per la Nonesuch Records – non si è discostato dalle sonorità che l’hanno reso riconoscibile tra infinite imitazioni: ma, come dice il titolo, è un album che si aggira attorno al concetto di amore materno, per il quale esisterà sicuramente un termine tedesco dai, ed è composto da tredici tracce pacate, crepuscolari, allegre ma non troppo, che mica ci possiamo scomporre troppo. E allora quindi pezzi come Is this nice in apertura, o la struggente Memorial una preghiera sul perdono e sull’amore universale, oppure ancora l’arpeggio minimale che supporta Carolina, avrebbero potuto tranquillamente trovarsi in uno qualsiasi dei dischi precedenti del cantautore venezuelano, tanto rispecchiano gli standard e le atmosfere con cui abbiamo imparato a conoscerlo.
Ciliegina sulla torta è senz’altro Now all gone, il brano più interessante dell’album, con delle venature sixties e acid rock, anche se a proposito di fine dell’estate, non c’è niente di meglio di Love song con quelle trombette e i coretti di Cate Le Bon che fa la sua apparizione nel bel mezzo dell’ascolto, facendoci rivivere gli ultimi fotogrammi al mare durante un tramonto d’agosto. L’altra collaborazione di rilievo è quella con Vashti Bunyan nell’elegante ballata I will see you tonight che fa calare il sipario nel migliore dei modi.
Non mancano poi di certo gli esotismi e i pezzi cantati in spagnolo, per completare il classico repertorio di sonorità banhartiane, il compito spetta a Abre las manos e a 12 october, anche se il vero tocco esotico è dato dall’estetica asiatica della copertina che riprende il video del singolo Kantori Ongaku che significa musica contry in giapponese e che pare essere un tributo al celebre Haruomi Hosono. Dopo la collaborazione con Shintaro Sakamoto, e la cover cantata in giapponese di Another Planet, prosegue l’infatuazione asiatica di Devendra Banhart, che ha concepito molti dei brani contenuti in Ma durante lo scorso tour asiatico e abbozzati in un tempio di Kyoto assieme allo storico produttore Noah Georgeson. D’altra parte il Giappone è andato fortissimo tra le storie Instagram di questa estate giunta ormai agli sgoccioli.