Egreen ha annunciato la pubblicazione di More Hate alla fine di una cena in cui ha servito da mangiare a un centinaio abbondante di amici, colleghi e fortunati fan. Fa capire tanto dello spirito di famiglia che c’è dietro le mosse di Fantini, che ha un seguito sempre più grande di persone che darebbero tanto per lui (l’anno scorso ha stabilito i record assoluti di crowdfunding in Italia, come dimostrazione). E il ringraziamento per tutta questa gente sono le sue “bombe”, la sua rabbia. «Non me ne frega un cazzo della top ten», dice. E ha ragione. In More Hate, non c’è un pezzo che possa finirci. Il suo rap hardcore, duro e puro, non ha nessun intento di classifica, non ha auto-tune, ha pochi ma azzeccati feat., Virus Syndicate su tutti, non segue le mode (e lo dice anche lui, in Sposato pt. II: “Le mode vanno trattate un po’ tutte come tali /Passeggere, effimere, senza spine dorsali”). L’album è una scusa che Fantini utilizza per mettere insieme nuovo materiale da sputare addosso ai fan ai prossimi live. Politicamente scorretto, volgare – ma d’altra parte, “rappare è meglio di scopare” – e, con il dito medio alzato, l’album è quello che la sua gente chiede. Il primo singolo è una chicca con una storia: Milano-Roma pt. II, assieme a Er Costa, ha la benedizione vocale di Squarta, La Furia e Gué. Ed è, ovviamente, una dedica non dichiarata a Primo Brown. Oltre a essere una sfrontata dichiarazione di auto-merito: un passaggio di testimone su cui nessuno ha niente da dire.
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