La parte mancante è un disco che rappresenta parecchie cose con un alto peso specifico. È una nuova raccolta di inediti di Francesco Di Giacomo, dopo tantissimi anni dall’ultima volta. È il risultato di dieci lunghi anni di lavoro assieme a Paolo Sentinelli, di registrazioni in salotto o in cucina. È un progetto che ha avuto una vita precedente come spettacolo portato dal vivo all’Auditorium Parco della Musica di Roma ed ha rischiato di fermarsi lì. Infine è il disco postumo di un grande artista, ed esce a cinque anni esatti dalla sua tragica scomparsa.
Questo dovrebbe far saltare tutti gli schemi e le considerazioni standard di chi recensisce musica, tutte valutazioni che si muovono sul filo tra l’opinione personale e la natura tecnica. Probabilmente sarebbe un’ingiustizia, visto che La parte mancante è la dimostrazione di quanto neanche la morte può fermare il miracolo della musica, qui non c’è tempo, non c’è un prima o un dopo e non c’è il possibile o l’impossibile. Invece passando alle cose che ci sono, ecco un elenco: c’è l’incredibile voce di Francesco Di Giacomo forte e inconfondibile come ai tempi del Banco del Mutuo Soccorso, una voce che si sposa con la poetica dei testi raffinati e inevitabilmente commoventi in molti passaggi, c’è tantissimo amore, anche quello “buono” che come si dice in Luoghi comuni, «non finisce mai nelle canzoni», cosa che invece in questo disco avviene, anche perché in Insolito si sostiene che «le cose vanno fatte per bene, perché l’amore è solo per bene».
Non c’è invece la dose di progressive che molti fan di vecchia data potrebbero aspettarsi. Francesco Di Giacomo dichiarò di voler scrivere un disco sulla solitudine, «la solitudine interiore, di quella parte mancante che ognuno di noi si porta dentro». Ci è riuscito.