Per molti anni, dopo che band come Limp Bizkit, Papa Roach e la loro progenie hanno putrefatto l’hard rock con un heavy metal zarro e lobotomizzato, solo qualche progetto avventuroso è riuscito ad avere successo giocando fuori dalle regole. I più recenti e sorprendenti sono i Ghost – un collettivo di metallari svedesi con il vizietto del macabro e del teatrale, che indossano costumi da film dell’orrore e suonano i loro strumenti come se il nu-metal non fosse mai avvenuto.
L’ultimo album dei Ghost, Prequelle, musicalmente ha più in comune con band hair metal come Motley Crue, acid rock come gli Iron Butterfly, e persino con Andrew Lloyd Webber, piuttosto che con qualsiasi cosa con cui i Five Finger Death Punch o Godsmack infestano le playlist. E nonostante questo, il loro potente singolo Rats ha inaspettatamente scalato le stesse classifiche rock di quelle band. I Ghost hanno vinto un Grammy con il loro scorso album, e di recente hanno annunciato concerti nelle arene di New York e Los Angeles, un’impresa impossibile sulla carta se pensiamo che il cantante e mente della band, Tobias Forge, si veste come un ecclesiastico non-morto (in precedenza era un Papa, ma ultimamente utilizza l’alias Cardinal Copia) e i suoi compagni sono “demoni senza nome” mascherati.
Sarebbe troppo facile pensare che l’appeal di un simile progetto risieda unicamente nel suo mistero, ma se i Ghost fossero solo immagine e zero sostanza difficilmente andrebbero oltre il fenomeno passeggero. Invece riempiono i loro live perché hanno trovato la media perfetta di un diagramma di Venn tra durezza del metal, autoreferenzialità artistoide e talento pop. Al loro esordio, nel 2010 con Opus Eponymous, si sono presentati come una versione più soft dei Mercyful Fate, una delle band preferite dei Metallica. Ma via via che abbracciavano la psichedelia e un approccio alla scrittura sempre più 60’s con i successivi Infestissumam del 2013 e Meliora del 2015, hanno sviluppato un sound inconfondibile che suona al tempo stesso nostalgico, fresco e unico. Ora, con Prequelle, esplorano le potenzialità di questa evoluzione.
Molte canzoni dell’album, tematicamente, hanno a che fare con i Secoli bui e la Peste Nera – una metafora che Forge applica anche ai malanni della società moderna – e richiedono una certa dose di sospensione dell’incredulità per apprezzare versi come “Every day that you fill me with hate, I grow stronger” in See the Light, oltre alla spudorata, onnipresente venerazione degli 80’s. Canzoni come Danse Macabre potrebbero facilmente fare da sfondo alla sequenza di un film di John Hughes. Ma la musica ha una maturità (e una leggerezza) molto più sofisticata delle porcherie sfornate dai loro avversari di classifica. I tocchi à la Broadway di canzoni come Pro Memoria (“Don’t you forget about dying” canta Forge, come uno stizzito Jack Skeletron) e See the Light dimostrano che le aspirazioni della band vanno oltre l’headbanging – anche se la ripugnanza dei loro personaggi da shock-rock probabilmente non permetterà ai Ghost di varcare il confine con il vero mainstream.
Al di là delle loro ambizioni, i Ghost dovranno accontentarsi di essere la novità più interessante dell’hard rock, almeno per il momento – una band con un coté intellettuale, in un campionato dove questo aspetto non è sempre la norma. La vera sfida per loro sarà andare avanti senza alienare gli ascoltatori con opere-rock troppo concettuali, né abbracciare il metal più dozzinale e perdere così la base prog. Ma, per il momento, gli Spiriti possono godersi questo meritato purgatorio commerciale.