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‘Horse Girl’, ritratto (surreale) di una donna sull’orlo di una crisi di nervi

Il cuore del film prodotto da Netflix è Alison Brie, che ha scritto anche la sceneggiatura insieme al regista
3 / 5

Avete presente il cliché della commedia romantica secondo cui la timida ragazza si leva gli occhiali e improvvisamente, da brutto anatroccolo, si trasforma nel magnifico cigno capace di far girare la testa agli uomini? Non è quello che accade alla protagonista di Horse Girl, nonostante, per i primi 15 minuti del film di Jeff Baena, pensi che l’ennesima variazione su quello stereotipo sia dietro l’angolo. La nostra eroina, Sarah Alison Brie), è una ragazza single, dolce ma socialmente bloccata che lavora in un negozio di fai-da-te. Nel suo tempo libero va in un maneggio, dove assiste alle lezioni di equitazione, oppure resta sul divano a guardare un’immaginaria serie intitolata Purgatory, un misto di fantascienza e CSI. Non ha gli occhiali, ma da lei ci si aspetta comunque una trasformazione in stile rom-com.

Quando la sua coinquilina (Debby Ryan) le organizza un appuntamento con l’amico del suo fidanzato, Darren (il John Reynolds di Search Party), pensi che Sarah abbia finalmente trovato il suo corrispettivo maschile. Anche lui è carino, goffo e con la stessa aria hipster-nerd. Come se non bastasse, si chiama come il protagonista di Purgatory: è destino, no? Sarah pare subito cotta di lui. Ma ci sono alcuni indizi del fatto che ci sia qualcosa che non va in questa ragazza. Per esempio, i proprietari del maneggio non sono esattamente contenti, ogni volta che lei si presenta da quelle parti. Né sembra tranquillo il fidanzato della sua coinquilina, quando la vede in piedi a fissare il muro nel cuore della notte. E sono altrettanto misteriose le visioni che lei stessa ha, e nelle quali si vede distesa sul pavimento di una stanza bianca tra un uomo di mezza età (John Ortiz) e una ventenne con una maglietta di Sub Pop (Dylan Gelula), pensando di essere stata rapita dagli alieni, o addirittura di essere il clone di sua nonna.

Presto, ci ritroviamo dentro un film ben diverso da quello che avevamo immaginato, molto più dark e interessante, anche se non completamente risolto nelle sue ambizioni. L’equilibrio tra “commedia indie alla Duplass” (cioè i fratelli produttori del film: uno dei due, Jay, compare anche come attore nei panni di un assistente sociale) e la dimensione totalmente surreale finisce per far prevalere la seconda, a mano a mano che l’azione procede; e ciò che all’inizio sembrava semplicemente una svolta un po’ stramba si traduce nel vero e proprio ritratto di una donna sull’orlo di una crisi di nervi. Baena, che ha scritto la sceneggiatura insieme alla stessa Brie, ci ha sempre spiazzati con i suoi lavori: è lui che ha firmato il copione di I Heart Huckabees – Le strane coincidenze della vita di David O. Russell e che ha diretto prima una love story zombie (Life After Beth – L’amore ad ogni costo) e poi un brutto adattamento del Decameron di Boccaccio (The Little Hours). La discesa in questi territori bizzarri, amplificata dalla colonna sonora di Josiah Steinbrick e Jeremy Zuckerman dai tipici synth beep-borp-boop, può sembrare essa stessa bizzarra. Ma più ti abbandoni alla mente dissociata della protagonista, più ti senti avvolgere da questa narrazione così frammentata. La forma segue la “disfunzione” della sostanza.

Ma il vero cuore del film è Alison Brie. L’abbiamo già vista interpretare ragazze stupide, determinate, depresse, sexy, tormentate, ingenue, divertenti, toste davvero o per finta. Ciò che non l’avevamo mai vista fare era la pazza, e il modo in cui ci mostra Sarah scollarsi a poco a poco dalla realtà fa intravedere in lei delle doti interpretative completamente nuove. Che il finale vi piaccia o che, invece, non riusciate a sospendere l’incredulità, non potete in ogni caso non riconoscere all’attrice la capacità di riconsegnare al 100% l’arco psicologico del suo personaggio. L’instabilità le dona. Lasciate che siano gli altri brutti anatroccoli a trasformarsi in cigni. Lei diventa un falco stridulo e radioso, nella sua tutina da ninja fatta in casa.

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