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I Foo Fighters sono tornati con il nuovo album ‘Concrete And Gold’

"Suonerà come la versione Motörhead di Sgt. Pepper’s", aveva detto Dave Grohl. E a noi è piaciuto, tra muri di chitarre e McCartney

Nella sua biografia, Dave Grohl lo ha detto chiaramente: il rock è un richiamo. L’ultima rockstar del nostro tempo (o “L’Uomo più Gentile del Rock” come viene spesso definito) ha una vocazione e l’ha trasformata in un’avventura epica da condividere con il mondo: “C’è ancora qualcuno che fa dischi rock, andiamo a conquistare questo cazzo di mondo” ha detto a proposito di Concrete and Gold, il nono album dei Foo Fighters.

Diverse storie circondano la sua origine, perché con quella faccia, quella dedizione e quell’energia Dave Grohl è uno che crea il mito intorno a sé: l’infortunio del 2015 in Svezia, il tour portato a termine seduto sul trono di chitarre, la lunga riabilitazione e la decisione di prendersi una pausa di un anno (ha cambiato idea dopo sei mesi quando ha scritto il primo singolo Run), l’appartamento affittato su Airbnb a Ojala in California in cui Dave si è rinchiuso per una settimana “con una cassa di vino ed un microfono” a scrivere prima di correre in studio a registrare con la band e il produttore Greg Kurstin, la collaborazione con “la più grande popstar del mondo” in un pezzo che i Foo Fighters non vogliono svelare, Paul McCartney che suona la batteria in Sunday Rain, con Taylor Hawkins alla voce (“È entrato in studio senza mai averlo sentito, ha sentito il demo acustico e ha fatto due take perfetti”, hanno raccontato). Il risultato sono undici canzoni di puro eclettismo musicale con un tema di rinascita e l’idea che il rock sia una forza inarrestabile che si fa largo “up through the concrete”, “Attraverso il cemento”, un disco in cui la musica diventa strumento di resistenza, scritto da uno che ne ha viste tante.

Nei mesi scorsi Dave Grohl ha manifestato il suo entusiasmo (riuscendo nell’impresa di non diventare antipatico) dicendo che Concrete and Gold sarà un album indimenticabile e scomodando paragoni importanti. Ha detto che “Suonerà come i Black Sabbath e i Pink Floyd” oppure come “La versione dei Motörhead di Sgt. Pepper’s”, più in generale, definisce “il suono in cui si incontrano l’estremismo dell’hard rock e la sensibilità del pop”. Il punto è: Dave Grohl ha deciso di prendersi sulle spalle il peso del rock’n’roll e di portarlo avanti in tutte le sue derivazioni possibili. Invece di farlo come Eddie Vedder, impegnato a seguire le orme dei giganti (da Bruce Springsteen a Neil Young) o come Josh Homme che cerca tra volume e melodia la sintesi perfetta tra passato e futuro, lo fa come avrebbero fatto i Queen se Freddie Mercury fosse stato californiano.

I Foo Fighters sono una band di fanatici fedeli all’idea che esistano solo due tipi di musica, quella brutta e quella bella, e che dentro quest’ultima ci possa stare tutto, dal pop rock all’hardcore. Sono una comunità con tante anime diverse (dalle radici punk di Pat Smear alle passioni glam di Taylor Hawkins) e, proprio per questo, in un momento di cambio generazionale in cui il rock non è il genere musicale di riferimento, vogliono essere quella band capace di diventare la colonna sonora della vita di tutti. Un ruolo rischioso, impegnativo, ma unico. Paul McCartney ha riconosciuto il loro valore con una battuta: “Ogni tanto mi sento dire che dovrei ritirarmi per lasciare spazio alle nuove band. Perché? Non mi sembra che i Foo Fighters abbiano problemi”.

I Foo Fighters sono diventati una band contemporanea e universale, hanno il coraggio di mettere almeno due idee musicali diverse in una sola canzone (come in Run ma anche nella strepitosa Dirty Water) e di costruire album in cui passano dal classic rock di Make It Right al funk-rock di Sunday Rain, dallo stoner di La Dee Da al folk-rock di Happy Ever After, rimanendo sempre immersi in un mare di cori e aperture armoniche, con una batteria implacabile e chitarre pronte a tirare giù tutto in qualsiasi momento. Concrete and Gold non è estremo, non è provocatorio e non è futurista, non esalterà i giovani (perché ascoltano altro), non è neanche un vero disco hard rock dei Foo Fighters: è l’album di un gruppo che vuole essere la band del nostro tempo, semplicemente perché conosce e ama in modo sconsiderato il rock e si diverte a suonare.

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