I morti non muoiono è uno dei quei film che vai a vedere con un hype pazzesco. E quando esci dal cinema sei incazzato nero. Perché le premesse c’erano tutte: quell’hipster geniale ed über indie di Jim Jarmusch (Paterson è un capolavoro), il suo talento per l’horror (i vampiri di Solo gli amanti sopravvivono!), il suo humor rarefatto – che con gli zombie ci va a braccetto – e un cast da far tremare i polsi: Bill Murray, Adam Driver, Tilda Swinton, Tom Waits, Chloë Sevigny, Selena Gomez, Steve Buscemi. C’è pure un super cameo di Iggy Pop. E allora qual è il problema? Che tutta questa coolness è sprecata, perché il tono del film è piatto come l’encefalogramma dei non-morti.
Centerville, USA, “davvero un bel posto” come recita il cartello all’entrata, popolazione 738 abitanti. Il massimo dell’adrenalina per chi fa rispettare la legge è data dalle scaramucce tra un redneck con il cappellino Make America White Again (Steve Buscemi) e un eremita che vive nei boschi leggendo Melville (il sempre grandissimo Tom Waits) e che gli ha rubato un pollo. Almeno finché lo sceriffo e i due poliziotti locali – Murray, Driver e Sevigny – non si trovano costretti a proteggere la cittadina da una mandria di zombie. C’è il classico nerd con la maglia di Nosferatu che sa perfettamente come cavarsela, la responsabile delle pompe funebri – una strepitosa Tilda Swinton a metà tra samurai aliena e Kill Bill – che è nata per tagliare teste con una katana e i giovanissimi “turisti per caso” (tra cui Selena Gomez) che guidano una Pontiac del 1968, anno dell’uscita della Notte dei Morti Viventi di George Romero.
Il sottotesto politico è più incisivo del film stesso, perché Jarmusch è un autore e ovviamente una zombie comedy firmata da uno come lui è molto più di una zombie comedy: c’è lo sguardo su un’America in cui ha scampo solo chi rifiuta tutto, mentre gli zombie restano schiavi del consumismo anche da cadaveri e, invece di bramare cervelli, cercano disperatamente il wi-fi, lo chardonnay o, nel caso di Iggy, il caffè. E poi c’è la riflessione ambientalista spinta, a partire dalle cause dell’apocalisse: polar fracking e cambiamenti climatici. Ah, le teste degli zombie non esplodono, come nella migliore tradizione splatter, ma emettono fumo nero. Più denuncia di così…
I morti non muoiono è anche pieno di omaggi e rimandi cinefili e le battute migliori arrivano quando Adam Driver rompe la quarta parete: “Non finirà bene” afferma, mentre il caos e le morti aumentano. Quando lo sceriffo di Murray gli chiede come fa a saperlo, Driver risponde: “Jim mi ha mostrato la sceneggiatura”. Qui si ride, bisogna ammetterlo, ma il metacinema non va oltre il puro divertissement.
Il problema non sono gli attori, impeccabili nel prendere il gioco di Jarmusch sul serio: Murray imperturbabile e rassegnato, Driver a metà tra lo stoned e il dazed and confused, Sevigny sull’orlo di una crisi di nervi e Swinton sempre meravigliosamente stramba (questa volta con un esilarante accento scozzese). È la trama che fatica a reggersi in piedi, a testimonianza del fatto che non puoi prendere un bel brano, The Dead don’t Die di Sturgill Simpson (che compare come zombie con la chitarra così, un po’ a caso), e costruirci intorno un film, mixando tutto quello che ti diverte. Neanche se ti chiami Jim Jarmusch.