Reynolds Woodcock – il gigante della moda britannica degli anni ’50 interpretato da Daniel Day-Lewis, che crudelmente ripete essere il suo ultimo ruolo – ama i segreti. Nello specifico, cucire appunti nella fodera dei vestiti che crea, in modo da rendere l’arte indelebilmente sua. Paul Thomas Anderson, che scrive, dirige e fa l’operatore di macchina non accreditato, confeziona i suoi film allo stesso modo, invitandoci a scoprire le gemme nascoste al suo interno. Da Sydney fino a Vizio di forma, questo artista ha sempre sfidato il suo pubblico ad andare più a fondo. Inventivo e perversamente spassoso, Il filo nascosto è accompagnato dal ritmo ipnotico della colonna sonora di Jonny Greenwood. Al centro della vicenda ci sono un narcisista workaholic e tutte le donne che cadono nella sua orbita. Le influenze dirette sono Rebecca e La donna che visse due volte di Hitchcock. Ma Anderson usa il lavoro altrui come un trampolino, non come una guida.
Woodcock è uno stilista di successo, che perimetra la sua vita in modo che le distrazioni non penetrino nella bolla intorno alla sua arte. “Il matrimonio mi renderebbe falso, ed è l’ultima cosa che voglio”, afferma. Il suo mondo non esclude il sesso, soltanto l’impegno. Una lunga fila di modelle spera di catturare la sua attenzione: muse che lui sfrutta, per poi allontanare senza problemi. A occuparsene è sua sorella Cyril, interpretata da Lesley Manville con efficienza e calore.
Poi, però, gli occhi di Woodcock cadono su Alma (Vicky Krieps), cameriera che lavora in un hotel. La ragazza salta nel letto dello stilista, ma non sembra pronta a spronare la sua creatività. La relazione manca totalmente di carica erotica, finché Woodcock non modella un abito sul suo corpo, e le fantasie su di lei prendono vita. I guai cominciano quando Alma cerca di inserirsi nel suo lavoro. Un giorno, per ristabilire il legame, lei decide di mandare a casa lo staff e preparare una cenetta. Il risultato è un disastro. La musa ha fatto perdere al maestro il suo equilibrio. Allora Alma decide di ricorrere a misure più drastiche.
Day-Lewis traccia la parabola del suo personaggio, da tiranno inaccessibile a schiavo consenziente, con maestosa perizia. Il film è magnifico in ogni dettaglio, ma a sovrastare tutto sono l’agonia e l’euforia dietro alla creazione. Guardare un attore e un regista negoziare una difficile tregua tra arte e vita è fonte infinita di fascino. Assorbire l’intera ricchezza del Filo nascosto può richiedere più di una visione. Il nostro consiglio è di mettersi comodi e ammirare questo film.