Ricomincia da quattro Il teatro degli orrori: dopo il semi-passo falso di Il mondo nuovo provano a recuperare le asperità del loro album d’esordio ma con un approccio sonoro più maturo e dalla spiccata vocazione massimalista.
Ma se da un punto di vista strettamente musicale tutto sembra essere stato messo a fuoco con cura non si può dire lo stesso per quanto riguarda i testi e la figura di Pierpaolo Capovilla, ormai sempre più vittima del suo stesso personaggio da intellettuale rimasto ibernato in una sezione di partito degli anni settanta e che già aveva mostrato la corda nel suo dimenticabile esordio da solista. Quella di raccontare il presente, i vizi e le virtù del proprio paese, è una sfida con cui ogni autore a un certo punto è chiamato a confrontarsi e Capovilla non si è mai tirato indietro, ma siamo così sicuri che il disimpegno vada combattuto a colpi di prediche?
Il tempo ha purtroppo reso quello che era inizialmente anomalo e irregolare terribilmente scontato e prevedibile. Ed è un peccato. Davvero un peccato.