Rolling Stone Italia

‘In difesa di Jacob’: come massacrare un bestseller, nonostante Chris Evans

Il tentativo di Apple di entrare nel pieno del trend "star del cinema e miniserie" è un caso da manuale su come appiattire un adattamento
2 / 5

Vi presento i Barber. Andrew (Chris Evans) è il fenomenale assistente di un procuratore distrettuale che si batte per la verità e la giustizia a Newton, Massachusetts. Laurie (Michelle Dockery) è il volto del Children’s Cottage, una scuola che accoglie ragazzini che hanno subito traumi o violenze nella vasta area metropolitana di Boston. Il figlio, Jacob (Jaeden Martell), è un adolescente come tanti: scuola, amici, videogiochi, e un ampio assortimento di felpe. È magrolino e un po’ nerd, socialmente impacciato, ma niente di più rispetto al classico quattordicenne. Insieme, formano la famiglia americana di classe medio-alta tipo, che vive nella casa tipo in un quartiere residenziale tipo.

Perciò, vi chiederete, perché facciamo la conoscenza di Andrew quando è seduto dietro al banco dei testimoni di un’aula giudiziaria, mentre viene interrogato dal suo collega Neal Loguidice (Pablo Schreiber)? La cosa potrebbe avere a che fare con un caso su cui lo stesso Andrew stava indagando dieci mesi prima, e che riguardava un cadavere ritrovato in un bosco. Il corpo era quello di un ragazzo di 14 anni: si chiamava Ben Ratliff, e Jacob lo conosceva. Andrew e Pam Duffy (Betty Gabriel), una detective della omicidi che aveva già lavorato con lui in passato, avevano messo gli occhi su un uomo colpevole di reati sessuali (Daniel Henshall) come possibile esecutore di quest’altro crimine. Ma, in un eccesso di zelo, avevano deciso di interrogare i compagni di classe di Ben. È stato allora che hanno scoperto che il ragazzo assassinato era solito fare il bullo con il piccolo di casa Barber, e che lo stesso Jacob era in possesso di un coltello del tutto simile alla lama usata per uccidere il coetaneo. Insomma, mamma e papà forse non conoscevano il figlio come credevano. Presto, Jacob viene arrestato come primo sospettato. E la loro vita perfetta viene sconvolta per sempre.

Tratta dal bestseller di William Landay, la nuova serie Apple In difesa di Jacob – perché gli adattamenti di libri di successo mica possono accaparrarseli tutti HBO e Hulu – è confezionata per essere l’equivalente televisivo di uno di quei libri da leggere in aeroporto, un po’ thriller giudiziario, un po’ dramma famigliare. Questa miniserie in otto episodi – scritta dal creatore Mark Bomback e diretta da Morten Tyldum – pare il tentativo, da parte della piattaforma di streaming, di mettere a segno una formula vincente: star del cinema più un titolo da book club, diviso per l’occhio caratteristico di un regista, uguale una vagonata di Emmy. Facendo uscire i primi tre episodi tutti insieme, Apple voleva subito irretire gli spettatori nel meccanismo del giallo, con la speranza che quel picco immediato di mistero, unito al melodramma sulla famiglia in crisi, convincesse la platea a non mollare. Auguriamo buona fortuna a coloro che vorranno sottoscrivere questo atto di fede.

Chiunque decida invece di piantare subito o quasi questo plot dozzinale si perderà J.K. Simmons, che a un certo punto sbuca nei panni del padre con cui Andrew non ha più rapporti e che valorizza ogni scena in cui compare. (La presenza dell’attore premio Oscar non era un segreto, considerato che si vedeva già nel trailer. Ma l’espediente narrativo che lo introduce nella storia è da mettersi le mani nei capelli, dunque è meglio che lo scopriate da soli.) Quelli che invece decideranno di proseguire saranno ricompensati con uno scarsissimo guadagno: siti porno per feticisti, mafiosi vecchia scuola, scandali da social, una raccapricciante versione da coro di ragazzini di The Circle Game di Joni Mitchell, citazioni di Jennifer Egan e una quantità incalcolabile di primi piani e mascelle serrate. Nonostante i flash-forward con Evans e Schreiber che si accapigliano davanti alla giuria, ci vuole un po’ prima che si giunga al dramma giudiziario vero e proprio, con la leggenda del teatro Cherry Jones nei panni di un novello Atticus Finch (il protagonista del Buio oltre la siepe, ndt). Ma ciò non basta a riscattare tutti i tempi morti precedenti.

Chris Evans e Michelle Dockery. Foto: Apple Tv+

Nemmeno il grande nome da locandina riesce a far crescere la tensione. Chris Evans è un attore molto sottovalutato: vedi la sua divertente trasformazione nel perfetto stronzo nel recente Cena con delitto – Knives Out. Grazie al suo aspetto fisico, è destinato alle parti da attore protagonista, che però potrebbero non essere la cosa in cui eccelle. Evans emana la sincerità dell’uomo qualunque che si ritrova a caricarsi sulle spalle un peso troppo grosso, il che gioca a suo favore; è il motivo per cui è stato il nome giusto a cui far interpretare Captain America. Qui, tuttavia, quel suo talento si traduce in una generica angoscia paterna: si ritroverà a difendere suo figlio con ogni mezzo necessario, e solo lì sembra concentrarsi l’intero sviluppo del personaggio. L’unico dinamismo in quel che fa è dato dall’aumento di volume nel pronunciare le sue battute. Dockery funziona un po’ meglio, visto che regala al suo ruolo un arco narrativo un po’ più ampio, ma, come accade per il protagonista, vedi anche la star di Downton Abbey sbattere la testa contro il muro del copione. Tyldum, dal canto suo, apporta la stessa inerte professionalità già dimostrata sul grande schermo. La cosa migliore che si può dire di The Imitation Game è che è una bella vetrina per Benedict Cumberbatch, e la cosa migliore che si può dire di Passengers con Chris Pratt e Jennifer Lawrence è che dura meno di due ore. Nel caso della serie in questione, pensi che avrebbero potuto ingaggiare qualsiasi regista, e il risultato non sarebbe cambiato.

Chiunque abbia letto il romanzo sa che, a un certo punto, c’è un notevole colpo di scena. Non potendo sapere che effetto faccia questo climax sulla pagina scritta, possiamo solo dirvi che, guardando la serie, dovete solo crederci incondizionatamente, altrimenti vi troverete a lanciare contro lo schermo qualunque cosa vi capiti sottomano. In difesa di Jacob è l’esito che ci si aspetta quando si trasforma un bestseller nello spunto per un dibattito, e la tv di qualità in un mortorio. È facile inserire questa serie in un quadro problematico più ampio che riguarda Apple, i cui prodotti finora – a parte il magnifico Dickinson – lasciano intendere che la piattaforma stia semplicemente cercando di replicare i successi passati altrui, ma con esiti decisamente peggiori. Concediamo al network un po’ di tempo, e forse in cambio avremo l’atteso titolo di svolta, un Mad Men o un Orange is the New Black tutto suo. Nel frattempo, però, è certo che In difesa di Jacob è la prova giudiziaria principale che questi adattamenti letterari annacquati non sono la strada giusta per trovare una cifra distintiva.

Iscriviti