Com’è la vita quando sei un bambino? Confusa, travolgente, vagamente allucinogena, costantemente spaventosa e generatrice di ansia.
Cosa succede quando diventi adulto? Metti in soffitta l’irrazionalità e l’immaginazione, fai pace con la realtà, cominci ad avere meno paura del buio e più paura della morte e delle tasse, e se ti va bene trovi spazio anche per tutte le altre emozioni, l’amore, la solidarietà, l’apatia, il pessimismo cosmico.
In alternativa succede che ti telefona un amico d’infanzia per supplicarti di tornare al tuo paese natale, dove un clown alieno assassino mutaforma è tornato in azione dopo 27 anni e fermarlo è responsabilità tua e della tua cumpa dell’epoca a causa di un patto di sangue che avete stretto quando eravate ancora troppo giovani per capirci davvero qualcosa.
O l’una o l’altra, o magari tutte e due: IT – Capitolo 2, sequel del film horror dai maggiori incassi di sempre, è un mezzo pastrocchio, ma è anche un film spiazzante e ambizioso, gonfio di tutta quell’emotività che nel primo capitolo andava un po’ persa tra uno spaventerello e l’altro ma anche confusionario e dall’incedere zoppicante, appesantito dalla voglia di strafare ma parecchio onesto e sincero. Un salto nel vuoto, che è una mossa ben coraggiosa per un film che si sarebbe potuto limitare ad andare all’incasso ripetendo la formula che aveva così ben funzionato nel 2017. Probabilmente IT – Capitolo 2 è anche un film peggiore del suo predecessore, ma ha il cuore al posto giusto e riesce in un’impresa comunque non facile: farsi volere bene.
Non c’è dubbio che, con il senno di poi, la scelta di Andy Muschietti di riorganizzare la struttura del romanzo originale in “la parte con i bimbi” e “la parte con gli adulti” abbia aiutato tantissimo questo Capitolo 2. Il primo film uscì in piena prima ondata Stranger Things, sfruttando la faccia di uno dei bambini di Stranger Things, puntando tutto sulla nostalgia, gli anni Ottanta, le biciclette e gli horror di una volta – come Stranger Things, in una bizzarra chiusura del cerchio per un prodotto tratto da un romanzo che è una delle ispirazioni principali per la serie Netflix. Sono i cortocircuiti del passatismo a tutti i costi, la cannibalizzazione circolare di idee e immaginari che IT – Capitolo 1 rendeva digeribile a botte di simboli e di mostri e, più in generale, di gran cinema horror.
Il Capitolo 2, invece, ha la fortuna di portare a bordo una camionata di adulti, alcuni dei quali inevitabilmente di grande talento: ne viene fuori il classico “film di personaggi”, che tira il freno a mano sia sull’horror sia sui meme a tema anni Ottanta, e che si può persino permettere qui e là di girare a vuoto, nel momento in cui questo vuoto è riempito da gente che si mangia lo schermo. Onnipresente nel primo episodio con le sue idee e le sue creature mostruose, qui Muschietti si defila spesso per far scorrere la storia e lasciare spazio al suo cast: nel corso delle quasi tre ore di durata (!) il film ci porta finalmente a conoscere i Perdenti, anche grazie al generoso uso di flashback che ci raccontano più cose sui loro tredici anni di quanto l’intero primo IT fosse riuscito a fare. È un peccato non citarli tutti perché non ce n’è uno che non porti qualcosa di suo al personaggio, ma per quello c’è IMDb; qui fatemi solo dire che Bill Hader si dimostra per l’ennesima volta un attore gigantesco, e che tutti i miei dubbi su Jessica Chastain nel ruolo di Beverly (è un discorso lungo, non chiedete) sono evaporati nel giro di pochi minuti. Curiosamente il più sottotono è James McAvoy, troppo impegnato a essere intenso e tormentato per provare a dare tridimensionalità al suo Bill. E c’è anche una vittima: Derry, che vista la rinnovata attenzione ai personaggi diventa ancora di più un non-luogo, una collezione disordinata di angoli e squarci che non riesce neanche per un istante ad assomigliare a una città viva e cattiva e malevola.
In questa festa di ricordi e sentimenti che raccontata così sembra più che altro un remake del Grande freddo ci sarebbe il fatto che IT – Capitolo 2 è un horror, e che ha pure una storia da raccontare. Un po’ quest’ultima tenderei a darla per scontata perché ehi, se non avete visto il primo perché state leggendo una recensione del secondo?, ma resta il fatto che i Perdenti tornano a Derry 27 anni dopo per sconfiggere definitivamente IT, e questa roba è raccontata replicando fin troppo fedelmente la struttura del primo film. E cioè: gran parte dei primi due atti è occupata da scene che coinvolgono i singoli personaggi che reincontrano Pennywise. È una playlist di schegge horror a cui manca il singolo di enorme successo (com’era nel primo la bellissima Il Mostro Modigliani), una collezione di cortometraggi tenuti insieme un po’ con lo sputo e che di fatto servono a spiegonare i Perdenti uno dopo l’altro. D’accordo, si salta sulla sedia, c’è del gran sangue, visivamente c’è la solita collezione di belle intuizioni, ma c’è anche una certa fragranza di allori sui quali è stato appoggiato un fondoschiena tutte le volte che Muschietti pigia il pedale dell’orrore.
Migliora tutto sul finale, quando il film è costretto a prendersi le sue responsabilità e provare a non rendere ridicole una serie di robe francamente infilmabili – il romanzo di Stephen King si chiudeva su note lovecraftiane altissime, con orrori cosmici indescrivibili, concetti troppo grandi per il limitato cervello umano e tante altre prelibatezze che su carta funzionano perché lasciano al lettore il compito di renderle spaventose, ma che rischiano di afflosciarsi e diventare ridicole una volta cristallizzate in immagine. Per uscirne vivo Muschietti sceglie la strada del mandare tutto in vacca e sbroccare, affidandosi al sempiterno potere del parossismo per regalarci quella che è a mani basse la sequenza horror migliore del film. OK, chiudere con un acuto che fa impallidire il resto è un po’ una furbata come lo è l’epilogo di Stand By Me, ma ehi, a caval donato.
Tutto sommato, quindi: sarebbe potuta andare molto peggio, sarebbe stato facile ripetersi, replicare pedissequamente la formula che aveva già fatto incassare miliardi di paperdollari al primo film. Invece IT – Capitolo 2, con tutti i suoi balbettii e mezzi passi falsi, dimostra che Muschietti ha sempre avuto a cuore tutto il progetto, e le idee chiare su come raccontare la storia dei Perdenti; non sarà un capolavoro, ma è un film vero.