Quasi mai l’esaltazione si rivela seducente, per cui, dopo tutta la retorica dopata sulla Milano di oggi, è stato bello trovare in Teneri violenti di Ivan Carozzi una Milano contemporanea liquefatta, risucchiata verso un grembo che contiene una città al grado estremo della sua accelerazione: espansa e ritratta, dissolta e rigenerata. È dentro questa Milano che il protagonista si immerge in un altro tipo di gorgo, un sottosuolo popolato di notizie, gli archivi dei quotidiani da cui riportare in superficie eventi a cavallo tra gli anni ’70 e ’80.
Carozzi ha un intento molto più visionario che sociologico, e con l’anarchismo di un Bianciardi allucinato se ne frega di restituirci una cartina dell’Italia dove attivare automatismi da epifanie o reminiscenze, o la solita mappa in filigrana dove rileggere il presente. La vicinanza affettiva con il passato prossimo, quello che i nati negli anni ’70 hanno feticizzato nel ciclo di un eterno ritorno a breve gittata, diventa qui un sentimento vivo e insolubile, non la nostalgia ormai spalmata come fondotinta su ogni percezione emotiva o il vintage mortifero di un nuovo locale alla moda.
Con uno stile ipnotico, Carozzi racconta storie che somigliano a ricordi non messi fuoco, stortissimi, a volte così incongrui da apparire più contemporanei del contemporaneo.