«Qual è il maschio alfa fra i tuoi Velociraptor?», chiede il giovane nipote della manager del Parco a Owen Grady (interpretato da Chris Pratt), che risponde spavaldo: «Ce l’hai di fronte». Ecco, nel nuovo episodio della saga sui dinosauri prodotta da Steven Spielberg, Jurassic World, scordatevi la pacatezza di un protagonista paleontologo, come nel primo film del 1993.
Grady se vogliamo è tutto l’opposto. Ex marine, tutto muscoli, intrepido e spaccone come solo gli americani possono essere, soprattutto nei confronti della protagonista femminile, Miss Dearing (Bryce Dallas Howard).
Non c’è quindi da stupirsi se Joss Whedon (il regista di tutti gli Avengers, per intenderci) ha deciso di sollevare un polverone biblico, accusando il film di “sessismo anni Settanta”. Accuse confermate a sorpresa anche dallo stesso regista Colin Trevorrow, “non in completo disaccordo con Whedon”. Quindi?
Quindi, come non detto. Tutti amici, anche perché, se dovessimo fare caso a questo genere di americanate, finiremmo in una spirale di dubbi eterna. Fatta di domande tipo: perché i sistemi operativi nei computer dei film sono rimasti a vent’anni fa? Con quelle grafiche azzurrine su sfondo nero e gli indicatori di livelli che vanno su e giù ed emettono dei bip a caso? E perché un predatore che si suppone debba muoversi di soppiatto, a ogni passo produce più deciBel di una centrale idroelettrica? Cose così, completamente surreali, che ormai diamo per scontate.
Però c’è qualcosa di profondamente reale nel film, ed è l’ostinazione umana nel ricadere sempre negli stessi errori. Senza mai imparare dal passato, accecati dalla logica del profitto. E allora eccoci ancora su Isla Nublar, in un gigantesco parco a tema costruito sulle rovine dei precedenti.
Questa volta, però, il parco sono riusciti ad aprirlo per davvero. Tutto merito del pragmatismo indiano del proprietario, l’imprenditore Simon Masrani (Irrfan Khan).
Ma anche il più appassionato fra i visitatori prima o poi si stancherà del T-Rex o dei Velociraptor su cui il Grady sta svolgendo studi comportamentali o persino delle novità come il Mosasauro, gigante acquatico che inghiotte squali bianchi manco fossero sardine.
Sarà meglio mettere mano alle provette per creare un ibrido, frutto dell’incrocio fra mille specie. Un’attrazione che la gente si ricorderà finché campa: l’Indominus Rex. Ottima idea! Un colosso alto 12 metri ma troppo astuto per marcire in un recinto alto 15!
Mettici di mezzo anche l’esercito, che vuole impadronirsi dei Velociraptor di Grady per farne armi da guerra, e la trama è servita. E allora, vale la pena andare a vederlo al cinema? Ovvio. Non solo per i colpi di scena da infarto, ma soprattutto per le potenti quanto inaspettate cartucce nostalgiche verso i primi Jurassic Park, sparate da Trevorrow proprio quando meno te l’aspetti. Roba da tornare bambini in un istante, sempre se reggono le coronarie.