La distopia affilata di 'The Handmaid's Tale' | Rolling Stone Italia
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La distopia affilata di ‘The Handmaid’s Tale’

Tratta da un romanzo di Margaret Atwood del 1985, la serie è un potente racconto di una realtà non lontana dalla nostra

Nulla cambia da un momento all’altro. Se dentro una vasca l’acqua cominciasse a surriscaldarsi poco alla volta, finiremmo bolliti vivi senza nemmeno accorgercene.

L’elemento più inquietante della distopia di The Handmaid’s Tale, ultima novità della piattaforma digitale Hulu, è la sua prossimità al nostro quotidiano. Un universo che, sul modello orwelliano, non ha bisogno di navicelle spaziali, alieni antropomorfi o automi che sognano pecore elettriche per farci ragionare sulla realtà che ci circonda. In un futuro non troppo lontano, di bambini non c’è quasi più traccia.

Il mondo è al collasso, le guerre per le poche risorse devastano le risorse naturali e gli eserciti stanno per esaurire i loro soldati. La natalità è ai minimi storici e le poche gravidanze portate a termine risultano nella morte del neonato. Colpa dell’inquinamento, della sovrappopolazione, tutte quelle faccende noiose che paiono non riguardarci mai direttamente.

Il bene più prezioso, perciò, non è più il denaro, ma un utero fecondo. E quando una setta pseudo-cristiana prende il potere negli Stati Uniti, le donne ancora fertili finiscono per diventare bestiame da allevamento. Tratto dall’omonimo romanzo di Margaret Atwood (in italiano Il racconto dell’ancella), The Handmaid’s Tale è un thriller psicologico e fantapolitico che ti scava dentro come una lama affilata.

Segue le traversie di una ragazza il cui unico scopo è generare figli per uno dei comandanti del nuovo ordine costituito. È una donna privata di ogni libertà, prima fra tutte quella sul suo corpo. C’è una tensione che percorre l’intera visione della serie, non solo interna al racconto: è la paura di un tessuto sociale che, seppur progressista come quello occidentale, è ancora lontano dal raggiungimento della parità di genere, dentro un sistema dalle radici patriarcali in cui la donna si trova ancora oggi a reclamare un potere decisionale sulla propria vita.

Così la descrizione cruda e asciutta dell’ordinaria oppressione di una donna vestita di un rosso acceso e colpevole non può lasciare indifferenti. Merito anche di Elisabeth Moss, già eroina femminista in Mad Men, che regala un’interpretazione viscerale e potentissima.

The Handmaid’s Tale si presenta come l’ultimo tassello di una televisione che, oggi più che mai, è il tornasole di una società in costante cambiamento. E allora speriamo di non ritrovarci tutti bolliti.