C’è un’evidente istanza provocatoria nella speranza dichiarata dell’arrivo di una terza guerra mondiale, di un conflitto che costringa l’uomo del 2016 a fare alcuni conti privi di sovrastrutture, sofismi e idiosincrasie della contemporaneità. Una guerra invocata sin dalla title track con la finalità di contatti profondi ristabiliti, dove cellulari, tastiere ed egoismi possano essere messi da parte in favore di un riconquistato senso della realtà: iperrealismo a ogni costo, dice il Circo Zen.
Messi da parte i synth, le tastiere, gli archi e i fiati, Appino, UFO e Karim si dedicano ad arrangiamenti fatti esclusivamente di basso, chitarra, batteria e voci: una forma, anche questa, di ritorno all’essenziale, alle radici di un iperrealismo sonoro.
Da un lunghissimo lavoro di selezione ecco dieci tracce curatissime, quasi strutturalmente costruite come possibili hit per un pubblico di fedelissimi come quello che la band è riuscita a conquistarsi in quasi vent’anni di carriera.
Purtroppo, e non è ovviamente marginale, il disco è anche, nel lavoro sul testo e sul concept strutturale, il tripudio di un impegno sommario, l’affermazione brano dopo brano di un cantautorato rock tinto – segno del tempo – della generale depoliticizzazione delle masse, qualcosa che è impossibile non sottolineare e considerare centrale, visti gli intenti di immersione in una riflessione politica – non partitica, ovviamente – così apertamente evidenti e dichiarati. Peccato davvero scorgere in queste canzoni l’avanzare di così tante grandi intenzioni che sembrano non affondare mai davvero nelle viscere delle questioni e che – a partire dall’idea del terzo conflitto – appaiono più come iperboli qualunquiste che come veri iperreali spunti di riflessione.