Gaga è tornata. Che poi non se n’è mai andata davvero, tra il documentario su Netflix, A Star Is Born, gli Oscar, la residency a Las Vegas, il concertone benefico di qualche settimana fa. Gaga è tornata a pubblicare un ‘disco vero’, questo sì. E, considerando la soundtrack una felice parentesi, era da Joanne che non sentivamo roba nuova. Dopo un disco come quello, piacevole ma non memorabile, e soprattutto dopo Artpop, considerato da molti un passo falso, non si poteva più rischiare. Per questo motivo a mezzanotte è arrivato Chromatica, anticipato da Stupid Love e Rain on Me con Ariana Grande. Due singoli che ci avevano già fatto capire po’ di cose. Tipo che era tornata la vecchia Gaga, quella dei vestiti infiammabili e delle coreografie sgraziate, ma soprattutto dance, esagerata, tamarra.
Chromatica è proprio così: dopo l’entrée numero 1, primo dei tre strumentali che dividono il disco in altrettante fasi, si parte a cannone: una sfilza potenziali hit su beat dance/house anni ’90, una serie di canzoni che sembrano praticamente tutti singoli. Col dettaglio, non trascurabile, che quando è così diventa difficile trovare qualcosa che spicchi davvero sul resto.
Con questo disco Gaga voleva sicuramente tornare a fare baracca: «Non vedo l’ora di scatenarmi con le persone là fuori», ha detto in un’ intervista con Zane Lowe, che le ha fatto subito notare che era da un po’ che non lo faceva. Tranquillo, Zane. Chromatica recupera tutto. Al primo ascolto ogni traccia sembra più ‘giusta’ della precedente e bisogna aspettare la numero 6, Fun Tonight, che è un po’ la quota Edge Of Glory del disco, per trovare un momento in cui i BPM si abbassano leggermente. In mezzo troviamo Alice, Free Woman, in cui canta «This is my dance floor I fought for», e 911, con quella voce robotica che ci riporta un po’ agli esordi di The Fame.
Le tracce scorrono veloci senza stancare ma senza nemmeno stupire, fino ad arrivare a uno dei momenti più attesi: il duetto con Elton John, suo amico e spirito guida. In Sine From Above Elton sembra un ragazzino, e i due si inseguono su un brano in cui si alternano momenti più introspettivi a momenti degni dell’Eurovision (potrebbe essere un complimento), fino a evolvere ancora in un finale che è in pratica sigla di TRL (bei tempi quelli). C’è un altro feat, con le Blackpink, coordinatissima girl band sudocoreana. Suona sentita, ciao Katy, ma il pezzo spacca. E proprio i featuring, per una come Gaga che è sempre stata una lupacchiotta solitaria, sono probabilmente quello che più ricorderemo del disco. Si chiude con Babylon, traccia che sta già facendo litigare i fan di Gaga con quelli di Madonna: «Troppo simile a Vogue! Plagio! Chiamate la polizia!».
Intanto, dopo aver ascoltato tutte le 16 tracce, la sensazione è quella di trovarsi davanti a un buon disco fan-service, confezionato per tutti quelli che da anni le rimproverano di non fare più pop spaccaclassifiche. The Fame Monster rimane lontano, e probabilmente Chromatica non passerà alla storia perché innovativo o particolarmente ispirato. I fan saranno contenti, sì: ecco a voi le vostre hit. Potenziali, come dicevamo prima. Perché il futuro, come ci insegna proprio Gaga, rimane un Enigma.