Anche questa storia inizia con un selfie: “Eee.. fatta! Ho un’altra foto da aggiungere al mio albo, l’albo dei morti viventi”. Benvenuti nell’ultima parodia scritta e disegnata da Leo Ortolani, The Walking Rat. Dopo Il signore degli Anelli, 300, Star Wars, Titanic e molti altri arriva la volta della serie a fumetti scritta da Robert Kirkman, che dal 2010 è anche una serie tv. È l’inizio di una trilogia che Ortolani ha scritto perché Kirkman l’ha battuto sul campo: «Sono un dissacratore, voglio sempre capire dov’è il trucco. È una maledizione, perché quando leggo o vado al cinema vedo subito il dietro le quinte. In The Walking Dead invece volti pagina e non sai cosa potrebbe accadere. Kirkman mi stupisce perché riesce a non farmi capire come ha fatto. Vedo il palcoscenico ma non le corde. Ti catapulta in uno scenario in cui ti senti protagonista e potresti morire da un momento all’altro».
Per non correre rischi, Ortolani ha scelto un protagonista già morto. Tutta la storia è raccontata dal punto di vista di uno zombie, che ha perso la memoria ed è convinto di chiamarsi Puro Cotone perché “sono un tipo molto preciso ed è probabile che me lo sia scritto sui vestiti”. È un tipo paradossale, come sempre. È un morto vivente ma che non è morto dentro e che vive in una società di zombie che, in mancanza di aliti vitali, si lasciano andare. Il pericolo sono gli esseri umani, di cui si può far banchetto ma dai quali si rischia sempre di ricevere una pallottola in testa – che, come insegna Resident Evil, è l’unico modo per uccidere un morto vivente.
I personaggi sono quelli della serie televisiva, perché semplifica le cose e perché, se non fosse stato per la trasposizione tv, Ortolani non avrebbe riscoperto il fumetto – l’aveva abbandonato perché non digeriva il disegnatore delle prime uscite, il “troppo fumettoso” Tony Moore. Tenetevi forte perché, come dice il protagonista, “ho due notizie, una buona e una cattiva. La fine del mondo è arrivata. Volete sapere la cattiva?”.