L’incantesimo senza fine dei Big Thief | Rolling Stone Italia
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L’incantesimo senza fine dei Big Thief

‘UFOF’, il terzo LP della band di Brooklyn, è un disco di misteri e fantasmi, un gioiello pop-rock che trasforma la vulnerabilità in forza

Foto: Michael Buishas

Il terzo album dei Big Thief ti striscia dentro. A differenza degli LP precedenti – Masterpiece del 2016 e Capacity del 2017 – in cui il folk-rock dolce e intristito della band ti avvolgeva in un caldo abbraccio, UFOF si nasconde come un brivido lungo la schiena grazie alla sua semplicità. L’album racchiude 43 minuti di filastrocche gentili e scoppiettanti, scritte dalla chitarrista-cantante Adrianne Lenker, tutte dedicate alle cose nascoste nell’ombra. Il risultato d’insieme è così quieto che potreste ignorarlo, ma questo è un album rivelazione, e non vi lascerà fuggire facilmente.

Nella prima traccia in scaletta, Contact, Lenker chiede l’aiuto di qualcuno di nome Jodi: “Please turn the pages for me / you seem so free / you know I’m barely, barely…” Questa è una canzone che fa sì che l’ascoltatore sia preparato a quello a cui sta per andare incontro: un album pieno di domande, e una band alla ricerca di risposte. Quelle di UFOF sono canzoni che parlano d’amore, lutto e nostalgia, temi chiave per la scrittura dei Big Thief. Questa volta, però, la band fa qualche passo lontano da se stessa, e chiede a chi ascolta di visitare l’abisso in cui sono finiti, e magari di cercare insieme un significato più grande.

È facile perdersi in questo disco. Le canzoni si mescolano una dentro l’altra, la voce di Lenker attraversa di continuo la soglia della percezione. La title track parla di alieni: “There will soon be proof / that there is no alien / just a system of truth and lies”. Poi ecco Cattails, una lettera d’amore all’invecchiamento e alla bellezza del passare del tempo. Arrivati a questo punto sarete così incantati dagli arpeggi acustici e dalla scrittura mistica dei Big Thief che finirete per piangere, ondeggiare, oppure tutte e due le cose insieme.

Per un momento, durante Orange – la sesta traccia in scaletta, la più potente dell’album – l’incantesimo si spezza. Sembra che Lenker abbia tenuto le profondità della sua voce nascoste solo per questo brano, in cui il suo timbro da sussurro si fa ululato. “Can I close and open once again? The question that I ask for reassurance”. Con le canzoni successive il suono della band torna ad addolcirsi, ma allo stesso tempo si fa più inquietante. In Terminal Paradise il tema è il cerchio della vita: “Let me rest, let me go / See my death become a trail / And the trail leads to a flower”, canta. Poi, nella commovente Jenni, appare un fantasma. “Jenni’s in my room”, canta Lenker ancora e ancora, la sua voce si distorce e il feedback ti riempie di tensione. Viene voglia di guardare sotto il letto, dove la nostra Jenni personale aspetta minacciosa.

Finalmente, in Magic Dealer, la band si guarda allo specchio e riflette su quello che cerca davvero. Si fa domande definitive. “Would it hurt? Would it hurt? / to th enearer?” e “Would it help? Would it help? to go deeper?”. Mentre l’album arriva alla fine, si chiedono se hanno fatto abbastanza. E se si sono spinti davvero oltre, possibile che non ci sia altro da scoprire?

UFOF è stato registrato in uno studio-rifugio nella campagna di Western Washington. Sembra quasi di poter ascoltare le giornate di pioggia e vedere il cielo sellato. Ma, soprattutto, sembra di poter ascoltare la trascendenza della band di Brooklyn, dei loro personaggi che arrivano e svaniscono senza sapere se faranno ritorno, abbracciano la morte con coraggio, rivelano una vulnerabilità che diventa la forza più grande. Viaggiando attraverso l’oscurità e gli incantesimi dei più grandi misteri della vita, i Big Thief hanno scoperto una pace nuova, mai vista prima.

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