Questa recensione potrebbe iniziare così: il disco d’esordio di Makai si ascolta piacevolmente, è un perfetto esempio di indietronica-folk o poptron-folk o electropop-folk o… okay basta. Insomma, nulla da eccepire. Potrei finire qui senza problemi, io avrei fatto il mio lavoro, Makai il suo e ce ne potremmo tornare tutti a casa dalle nostre famiglie.
E invece! Scusate il gioco di parole, ma The Comfort Zone rimane appunto nella comfort zone dei canoni scolastici di un genere musicale che, all’estero e negli ultimi anni anche in Italia, si è un po’ saturato. Un disco registrato bene, ma privo di slanci virtuosi o azzardi efficaci, difficilmente potrà andare oltre a un piacevole ascolto.
Se ci mettiamo anche i testi in inglese, che eliminano la possibilità di distinguersi per il lavoro sul linguaggio, sulla composizione o anche solo per un ritornello, il rischio è di rimanere un po’ nell’anonimato.