L’inizio della seconda stagione di Master of None ci ricorda subito che l’ambientazione di una storia è parte integrante della storia stessa. Non è la cornice, è il quadro.
Il primo ciclo della serie di Aziz Ansari, stand-up comedian celebre per il suo ruolo in Parks and Recreation, ci immergeva in una New York multietnica vista attraverso gli occhi di un 30enne americano di seconda generazione, presentandoci spaccati quotidiani che nei loro lampi di verità si facevano universali.
A distanza di un anno e mezzo, troviamo Dev, il protagonista interpretato dallo stesso Ansari, in sella a una bici in giro fra i vicoli di Modena, dove si era diretto nel finale della stagione precedente per scappare a una delusione d’amore e frequentare un corso di cucina.
In questa parentesi molto Mangia prega ama, Master of None va in vacanza assieme a Dev e, nel suo rifarsi a un immaginario stantio creato da altri, diventa irriconoscibile. Tra pasta al ragù e calici di vino, bambini in canottiera e carabinieri golosi, smartphone rubati al posto delle biciclette e un immotivato bianco e nero “neorealista” scelto come stile del primo episodio, la serie, disorientata come il suo protagonista, non sa bene di cosa parlarci.
Meno male che, archiviata l’avventura italiana, Dev fa armi e bagagli e torna a Manhattan, e Master of None riprende a raccontare qualcosa che conosce meglio. Senza cattiveria o particolari ambizioni, ma con molta onestà.