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Michael Moore – Where to Invade Next

L’ultimo europeista rimasto è Michael Moore. Poche persone investono una tale quantità di energie nel promuovere il nostro modello di welfare (sul lavoro, nella sanità, nell’istruzione) come il regista americano. Dopo aver portato la sua fama anche nel vecchio continente con Bowling a Columbine, dedicato alla diffusione capillare delle armi da fuoco negli USA, ed […]
2.5 / 5

L’ultimo europeista rimasto è Michael Moore. Poche persone investono una tale quantità di energie nel promuovere il nostro modello di welfare (sul lavoro, nella sanità, nell’istruzione) come il regista americano. Dopo aver portato la sua fama anche nel vecchio continente con Bowling a Columbine, dedicato alla diffusione capillare delle armi da fuoco negli USA, ed essere diventato la faccia dell’America anti-Bush con Fahrenheit 9/11, Moore ha messo piede sul suolo europeo con il documentario Sicko, dedicato ai costi della sanità americana. In quel caso si parlava dell’assistenza medica nazionale in Regno Unito e dei servizi garantiti per le madri e i neonati in Francia. Invece nell’ultimo documentario, Where to Invade Next, Moore invade a tutti gli effetti l’Europa (e un pezzettino di Nord Africa, per essere precisi la Tunisia) per mostrare tutte le bellezze del welfare che mancano all’America. Dalle università gratuite slovene alle mense scolastiche francesi, fino alla gestione dello scandalo finanziario in Islanda: gli USA dovrebbero rubare idee come queste dai Paesi europei, invece di invadere il Medio Oriente o a suo tempo il sud-est asiatico per non si sa bene quali scopi ma finora con una sola certezza, quella di perdere qualsiasi guerra.

Moore cerca di prendere più difetti possibili dell’America e di piazzarli in un unico film, ottenendo un documentario eccessivo e approssimativo allo stesso tempo. In un paese come il nostro che sembra non essersi mai ripreso dal Piano Marshall, dove si crede a un sogno americano che nel suo paese natale è morto e sepolto, è sempre un piacere vedere qualcuno ricordare che la Land of the Free fa schifo come tutti gli altri posti del mondo. C’è però un piccolo problema: grazie alla consueta distorsione della realtà tipica dei documentari di Moore, “tutti gli altri posti del mondo” sono in realtà nazioni-sogno da prendere come modello. Dopo un piccolo disclaimer nella parte iniziale del film, in cui Moore precisa che ovviamente tutti i Paesi presi in considerazione hanno i loro difetti, per il resto delle due ore di documentario l’Europa diventa un paradiso di giustizia sociale e accoglienza, dove i tedeschi fanno la pace con il passato nazista per non ripetere più gli stessi errori (sì, certo), o come l’Italia in cui tutte le aziende come la Ducati e la Lardini, tutte badge, mense, ferie su ferie e maternità tutelatissima – c’è bisogno che metta dei link?
Come in una notizia condivisa dai vostri amici fan del GOMBLOTTO su Facebook, in questo film la realtà è una cosa semplice, e con la giusta dose di fantasia tutto è collegabile a tutto.

Il senso del film però sembra essere più alto di qualsiasi dovere di reportage, Where to Invade Next è un documentario allegorico sul bene e il male che gli esseri umani possono fare in ambito socio-economico, e sulla grandeur americana che è illusione e allo stesso tempo realtà (spoiler alert: alla fine viene fuori che tutte le belle trovate sul welfare e la giustizia erano tutte americane – e diciamolo: sta roba della democrazia come invenzione dei greci inizia a puzzare). Sono comunque due ore di film che passano veloci, con alcune battute su Bush un po’ demodé che fanno tenerezza, in cui si imparano fatti di altre nazioni che solitamente vengono saltate nei libri del liceo – ad esempio la storia di Vigdís Finnbogadóttir, prima presidente donna dell’Islanda e dell’Europa. Ma più che con altri documentaristi, Michael Moore è sempre da prendere con le pinze, e questa volta più che mai.

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