Mina è un’aliena e conduce una vita che non è poi così importante conoscere. Riceve circa 3.000 dischi l’anno con canzoni scritte per lei: sceglie quelle che hanno anima per stare dentro la sua straordinaria, disumana, voce.
Anche Maeba è frutto di questa scelta: dentro ci trovate un duetto con Paolo Conte su testo dell’astigiano ma scritto in napoletano, la maturità della ballata minosa – come si diceva decenni fa – ma pure il testo folle e magnifico de Il tuo arredamento, degno di un Mendini su musica dei Matia Bazar per l’Architettura Sussurrante.
E poi il blues che spunta all’improvviso e tanto jazz, come in Last Christmas che sembra smettere, nel miracolo alieno, d’essere una canzone di Natale. Non basta? A Mina no: quindi una versione di Heartbreak Hotel che ci riporta alla 17enne che cantava tutto il rock’n’roll e oggi lo fa con una voce che, al massimo, è migliorata con il calore del tempo.
Mina viaggia veloce, prende tutto: mischia la penna di Boosta, a quella di Limiti e il risultato è una cosa che non ha nome, è un viaggio che non si definisce perché è altro da noi e si può dire solo in quattro lettere: M I N A.