L’accoppiata Liam Gallagher e MTV Unplugged riserva sempre qualche imprevisto. Nel 1996, con gli Oasis all’apice assoluto della loro carriera e reduci dalla follia di Knewborth che era entrata nella storia da appena una decina di giorni, dopo un’ordinaria notte di bagordi Liam non è in grado di cantare di fronte al numeroso pubblico della Royal Festival Hall di Londra, un’arena molto diversa da quelle solitamente raccolte dei concerti acustici. Senza che nessuno sappia nulla, solo Noel sale sul palco che (forse inaspettatamente anche per lui) porta a casa la pagnotta con una quarantina di minuti di concerto a suo modo altrettanto storico, sotto agli occhi del fratellino che assiste in tribuna fumando e bevendo, come se niente fosse.
Ventiquattro anni dopo, si è messa di mezzo una pandemia globale, che tra le varie catastrofi ha stravolto anche la programmazione delle uscite discografiche, tra cui quella dell’album live dell’MTV Unplugged che (stavolta sì) Liam Gallagher ha tenuto lo scorso agosto presso la Hull City Hall, inizialmente prevista per aprile 2020 e posticipata a giugno, a quasi un anno di distanza dall’esibizione. Un’esibizione che sin da quando cominciò a circolare nelle preview in formato video, sui social e su quel che rimane di MTV in Italia, contribuì senza alcun dubbio all’enorme successo di Why Me? Why Not., l’album della (fa parecchio strano dirlo) consacrazione dell’LG solista.
Se è vero che negli ultimi tre anni Liam Gallagher ha inanellato una serie ininterrotta di colpi vincenti su tutti i fronti, musica, interviste, social, è anche vero che è una serie ascendente, partita quasi da outsider dopo anni di silenzio e decadenza. L’entusiasmo che si è follemente riacceso tra i milioni di fan degli Oasis è un dato di fatto assolutamente comprensibile di cui forse questo MTV Unplugged è il simbolo, trattandosi di una esibizione sorprendente nella quale Ourkid era decisamente in giornata e probabilmente ha raggiunto standard vocali come non si vedevano da anni.
Naturalmente in scaletta la metà delle canzoni sono del repertorio degli Oasis e ad ascoltarle è difficile stabilire a che epoca appartengano, soprattutto Cast No Shadow che apre l’album, che forse neanche nel ’96 veniva eseguita con tanta enfasi e perfezione. Tant’è che fa più strano del solito ritrovarsi i nuovi brani dietro l’angolo, non soltanto perché – inspiegabilmente – la track list non segue la scaletta originaria del live, per cui nell’audio si sente Liam annunciare «This one’s called Champagne Supernova» e poi invece parte Once e così via per quasi tutto l’album. Sembra quasi uno scherzo, così come sembra uno scherzo del destino il fatto che ci sia Bonehead e non Noel, o che Liam abbia eseguito Sad Song, un pezzo originariamente cantato da Noel, nonché simbolo, almeno dei primissimi anni, dell’isolamento di Noel al di fuori del gruppo. Ovviamente nei passaggi tra un pezzo e l’altro, non mancano, oltre ai cori del pubblico, riferimenti più o meno velati agli Oasis o a The Chief, ma a questi ormai non ci facciamo neanche più caso.
Come dicevamo, Liam Gallagher negli ultimi anni ha guadagnato tantissimi punti come personaggio pubblico, frontman ed essere umano. È un simpaticone e sa come farsi voler bene, gli ultimi episodi dei suoi teatrini durante la pandemia sono ancora virali sui social e strappano un sorriso a chiunque, forse persino l’hanno strappato Noel. Insomma, tutto bello compreso, ripetiamolo, questa esibizione. Peccato che tre mesi fa sia uscito un disco praticamente identico di sessioni acustiche con quasi tutte le stesse canzoni dell’MTV Unplugged, che, per carità, è un’altra cosa, ma al tempo stesso rischia di diventare un po’ anacronistico, persino per i fan più accaniti o i collezionisti. Non c’è bisogno di battere così tanto il ferro finché è caldo, anche perché sia Liam Gallagher che i suoi fan hanno dimostrato di saperlo tenere caldo a lungo e non c’è bisogno di spremere questo momento fino all’ultima goccia.