Nel debutto del 2013 Settle, il duo britannico dei Disclosure, ovvero i fratelli Howard e Guy Lawrence, trasformava un campionamento di un discorso motivazionale di Eric Thomas in un pezzo dance irresistibile chiamato When a Fire Starts to Burn. La voce di Thomas torna in Energy, il terzo disco dei Disclosure, per dare una botta di positività alla title track. “Se sei vivo, non hai ancora raggiunto il massimo / Dovresti sentirti invincibile, potente, forte”, dice, mentre attorno a lui si sviluppa un crescendo di cassa, conga e fischi da rave che esplode in un classico pezzo house guidato dai synth.
Con Energy i Disclosure continuano a perfezionare la versione raffinata e radiofonica di house e garage che li ha resi famosi, e allo stesso tempo esplorano territori nuovi. Anche Energy, come Settle e il suo seguito lento e influenzato dall’r&b Caracal, presenta una lista impressionante di guest star, talenti pronti a trasformare degli inni da dancefloor in pop globale.
Kelis, la veterana r&b di Milkshake, si trasforma in una diva disco in Watch Your Step, un breakbeat che muta forma fino a diventare house, mentre il produttore di L.A. Channel Tres mette il suo timbro vocale in Lavender, un pezzo che evoca i Daft Punk. Molte delle canzoni del disco parlano di connessioni e attrazioni, del potere dei corpi ammassati uno sull’altro. “Avvicinati, amore, ho bisogno di te”, canta Channel Tres.
In altri pezzi la formula non funziona altrettanto bene: Who Knew?, con quei sintetizzatori soffici e le voci soul, sembra uno scarto di Settle. Ci sono anche un paio di interludi rilassanti: le melodie sono belle, ma sembrano bozzetti incompleti che fanno da ponte tra le sezioni del disco.
Gli inciampi però sono rari. E in compenso ci sono sviluppi interessanti, come la presenza di cantanti che vengono dalla tradizione pop africana. C’est ne pas, per esempio, ospita la voce del camerunense Blick Bassy: è un brano minimale, e la sua voce tiene insieme basso, beat ed effetti. Douha (Mali Mali) è ancora meglio: alla voce c’è Fatoumata Diawara, che aveva già collaborato con i Disclosure in Ultimatum (2018). Accompagnata da un base house incendiaria, bassi profondi e interferenze elettroniche, Diawara intona un’ode gioiosa alla sua terra e racconta la diaspora africana.
Gli altri momenti più interessanti di Energy hanno tutti a che fare con l’hip hop. My House, con strofe dell’americano Aminé e dell’inglese slowthai, è una sorta di rap-house basato su un basso irregolare che si trasforma in uno scarabocchio acido. Kehlani e Syd uniscono le forze per il lento r&b Birthday, in cui raccontano di quant’è faticoso stabilire dei paletti con gli ex: “Posso chiamarti per il tuo compleanno / solo per assicurarmi che vada tutto bene?”.
Energy si chiude con un’apparizione a sorpresa di Common, che declama la sua filosofia positiva sostenuto da un funk sognante e new age pieno di bongo e sintetizzatori dal suono acquatico. È un finale delizioso, un modo fantastico per mettere fine alla grande festa che lo precede e la dimostrazione che, dopo tre album, i Disclosure sanno ancora come funzionano le cose su una pista da ballo.