Ni No Kuni Remastered: ci serviva davvero? | Rolling Stone Italia
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Ni No Kuni Remastered: ci serviva davvero?

Torna il gioco di culto nato dall’incontro di Level-5 e Studio Ghibli. Un gioco di ruolo classico di stampo orientale ma con qualche guizzo di originalità. Avrà retto bene il peso degli anni?

Oltre alla collaborazione di Studio Ghibli, il gioco vanta anche una splendida colonna sonora curata dal pluripremiato Joe Hisaishi.

Ni no Kuni è una bestia strana. Nato nel 2010 dal sodalizio di Level-5 e il leggendario Studio Ghibli, era un gioco pensato per il piccolo Nintendo DS ma con premesse troppo grandi per rimanere confinate su uno schermo di pochi pollici, tanto che alla fine si decise di farne anche un porting su PlayStation 3. Sulla console Sony il gioco è riuscito così a esprimere davvero il suo potenziale grazie a una direzione artistica d’eccezione e uno stile visivo semplicemente strepitoso, che spingevano a sorvolare anche sull’evidenza di un gameplay a tratti zoppicante. Quando si è parlato per la prima volta dell’arrivo di una versione rimasterizzata dell’opera la notizia è stata quindi accolta con molto entusiasmo. La domanda è: l’attesa sarà valsa la pena?

La più classica delle fiabe

Con un prologo degno della più malinconica delle produzioni Ghibli, Ni no Kuni racconta la storia di un bambino, Oliver, al quale viene a mancare improvvisamente la madre in un brutto incidente e del suo viaggio in un mondo parallelo fatto di magia e creature fantastiche per cercare di riportarla in vita. Al suo fianco come guida e mentore, una fata delle dimensioni e la forma di una grossa patata di nome Lucciconio, che per una scelta di localizzazione piuttosto ardita in italiano si è deciso di far parlare come Lando Fiorini. Che lo si ami o lo si odi per il suo dialetto romanesco, Lucciconio rientra esattamente in quel tipo di personaggi “diversamente carini” ai quali lo studio Ghibli ci ha abituato negli anni, diretto erede di una lunghissima serie di spiriti e spiritelli piacevolmente ambigui e originali. Anche se nell’”altro mondo” (traduzione abbastanza letterale di “Ni no Kuni”) non mancano creature e comparse più o meno ispirate dalla stessa mano, non c’è dubbio che l’indelicato chaperon di Oliver sia il personaggio più riuscito del gioco.
Fino a circa due terzi della sua durata l’avventura dei due (che poi diventeranno quattro) eroi procede in qualche modo spedita verso la sua naturale conclusione, esaurendo il discorso in maniera sobria ed elegante. Dopo quello che è a tutti gli effetti il “primo finale”, ha inizio però una lunghissima appendice che arranca per più di dieci ore, cercando di raccontare il prosieguo di una storia che ha già dato fondo a tutti i suoi spunti e significati. Questa parte di gioco rappresentava il contenuto inedito della versione PlayStation 3 di Ni no Kuni, che sperava di aggiungere qualcosa alle vicende raccontate nell’originale per Nintendo DS per giustificare in parte la riedizione. Anche oggi, dopo dieci anni, possiamo dire con tutta tranquillità che della noiosissima chiosa finale non si sentiva francamente il bisogno, e che ancora rappresenta uno dei punti deboli della produzione.

Anche oggi la versione italiana del gioco ha riacceso il dibattito tra i sostenitori del “Dialetto sì” e quelli del “Dialetto no”.

Un gameplay

Se dal punto di vista narrativo e dell’esplorazione (declinata sempre nella tipica formula “città, missione, dungeon, boss” per tutte le volte necessarie) Ni no Kuni è un gioco profondamente classico, con il sistema di combattimento Level-5 ha provato in qualche modo a scombinare le carte in tavola. Dietro l’apparenza di una struttura molto vecchio stile, si nasconde in realtà un ibrido che mescola azione in tempo reale, strategia a turni e una componente di collezionismo in stile Pokémon. Oliver e i suoi compagni possono infatti catturare e addestrare i mostri in cui si imbattono nel corso del viaggio per poi farli combattere al posto loro. Ognuna di queste creature, che una volta addomesticate prendono il nome di “Famigli”, ha un repertorio di mosse e abilità speciali che vanno richiamate in battaglia navigando tra le voci di un menù piuttosto scomodo, il tutto mentre i nemici continuano ad attaccare come disperati. Non sarà quindi infrequente dare il comando sbagliato solo per la fretta di lanciare una controffensiva. Come se non bastasse, l’intelligenza artificiale imbarazzante dei compagni di squadra contribuisce a rendere la situazione ancora più frustrante. Non conto le volte in cui li ho visti scagliare l’incantesimo più potente (e costoso, in termini di potere magico) contro nemici meno pericolosi di una foglia, così come quelle in cui si sono lanciati in un attacco corpo a corpo su un boss dieci volte più grande andando incontro a un prevedibile quanto inevitabile destino. Anche tentando di passare velocemente da un personaggio all’altro per minimizzare i danni non si risolve molto: quando uno dei malcapitati viene lasciato in balia della propria intelligenza difettosa, il tempo a disposizione prima che faccia qualcosa di irrimediabilmente stupido sarà sempre troppo poco. Magari è un po’ cinico, ma molte volte la scelta migliore è quella di lasciarli morti e inoffensivi.

I dungeon sono spesso poco più che corridoi, ma la loro dimensione contenuta li rende comunque piacevoli da esplorare.

Rimasterizzazione a ogni costo

Alla luce dei problemi fin qui elencati, viene spontaneo domandarsi se nella remastered sia stato fatto qualcosa per risolverli, e la risposta è un secco no. La nuova versione non fa altro che provare a migliorare l’aspetto visivo del gioco, ossia quell’unico frangente in cui un cambiamento non era necessario, e a volte non lo fa neanche nel migliore dei modi.
Se su PlayStation 4 Pro si può infatti godere quantomeno di una risoluzione in 4K con 30 FPS, oppure a 1440p e 60 FPS, sul modello base della console e su Nintendo Switch, soprattutto, le sequenze animate a volte subiscono rallentamenti, particolarmente evidenti quando ad essi si accompagna un terribile sfasamento del doppiaggio rispetto al labiale dei personaggi. E se è vero che i colori in tutte le nuove versioni risultano più vividi e le immagini più definite, allo stesso modo non si può negare che l’aspetto meno nitido e un po’ sbiadito dell’originale rievochi più fedelmente le sensazioni dei lungometraggi disegnati a mano che lo hanno ispirato.
Se parliamo poi di miglioramenti nel gameplay o dell’aggiunta di contenuti inediti, questa edizione non offre assolutamente niente che non fosse già presente in quella di dieci anni fa, compresi i compagni di squadra scemi e i menu difficilmente gestibili in combattimento. Ed è un vero peccato, perché sarebbe bastato limare queste poche asperità affinché il gioco potesse finalmente venire apprezzato anche da chi all’epoca decise di bocciarlo.
Ni no Kuni è ancora oggi un’esperienza speciale che vale la pena di essere riscoperta e questo forse può bastare a giustificare l’acquisto della versione rimasterizzata, in assenza di alternative. Non c’è dubbio però che avrebbe meritato un trattamento migliore.

Produttore: Level-5

Distributore: Bandai Namco

Lo puoi giocare su: PS4, Nintendo Switch, Windows PC