Chiunque con un briciolo di cervello sa che tutta la complessità degli Oasis sta nella loro semplicità. Quattro accordi, riferimenti nitidi, poche tematiche, tre metafore, energia pura, tantissima estetica e una buona dose di fortuna per riuscire a cavalcare l’onda. Parafrasando una citazione di Liam del documentario Supersonic grazie alla combinazione magica di questi banali ingredienti gli Oasis divennero una Ferrari, sempre più fuori controllo e tutti sappiamo come è andata a finire.
A distanza di dieci anni da quello schianto fatale, i fratelli Gallagher sono entrati a pieno regime in questa nuova dimensione di solisti, che guarda caso pubblicano singoli e EP puntualmente a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, così come si rincorrono nelle line up dei festival senza incontrarsi mai. Forse è solo perché sarebbe troppo imbarazzante spingersi a pensare che sia tutto architettato a tavolino, anche se la storia ci insegna che non c’è mai limite al peggio, ma da bravi fan continuiamo a credere ciecamente che i due non si parlino più (soffrendo come se fossero nostri parenti) e a pensare che semmai il motivo per cui le uscite sono così vicine, è per farsi la guerra. Sarà.
E se di guerra dobbiamo parlare, allora è certo che dal 2017 la sta vincendo Liam, a mani basse, ovvero da quando si è messo in proprio e ha pubblicato As you were, dimostrando di essere uscito dalle macerie di quello schianto di certo non illeso, ma che ha continuato ad andare ostinatamente e zoppicante nella stessa direzione in cui andavano gli Oasis, mentre Noel probabilmente si è fiondato dallo sportello finendo in un mucchio di fratte rognose.
La svolta psichedelica di Noel, la svolta folk di Noel, la svolta elettro-pop di Noel. Sono tutte stronzate. Gli Oasis erano talmente grezzi che un genere musicale di riferimento se lo sono dovuto inventare appositamente, senza sfumature che non potevano permettersi, pena la perdita della loro essenza e la caduta rovinosa nella mediocrità. Abbiamo sempre considerato Liam la facciata e Noel i contenuti, ma la verità è che neanche Noel ha lo smalto per mettersi a fare qualcosa di diverso da ciò che l’ha reso grande, è un dato di fatto.
Black star dancing EP è una raccolta mediocre di brani carini che però non sono né carne né pesce, non c’è stata nessuna svolta di alcun tipo, tutto quanto è tremendamente banale, non ci sono gli strumenti necessari affinché non sia così. Se non hai i piedi buoni per fare il fantasista funambolo, non basta metterti la maglietta numero 10 per fregare tutti quanti, si vede lontano un miglio che sei una vecchia punta di razza, coi piedi sgraziati e con un filo di panza, fatto per sportellare in area di rigore e fare gol sporchi, non più un mucchio di gol sporchi come in passato, ma abbastanza per svernare con grande onore, continuare a fare felici milioni di fan e arrivare dignitosamente al giorno in cui bisognerà appendere gli scarpini al chiodo. Questo Liam l’ha capito e sta tirando dritto, con i risultati che, piaccia o meno, sono sotto gli occhi di tutti.
Noel invece si è messo già da troppo tempo su una brutta china e forse è troppo tardi per tornare indietro, sebbene abbia già annunciato un altro paio di EP in uscita quest’anno, uno di questi ha dichiarato che sarà dal sound “mancuniano”. A questo punto è lecito chiedersi se intende la Manchester degli Stone Roses o quella dei Take That.