Gli Spoon sono la band di rock americano più affidabile degli ultimi 25 anni. Il che dice molto del rock americano e poco degli Spoon, ma i fatti sono questi. Sono in giro da metà anni ’90 e non hanno mai fatto un disco noioso e questo grazie alla scrittura intelligente del leader Britt Daniel e al modo in cui si sono continuamente rinnovati. La loro musica è piena di suoni nervosi di chitarra a cui aggiungono del soul e dell’elettronica, per poi omaggiare Prince, i Kinks, la Motown e i Wire. Eppure suonano sempre e solo come gli Spoon: stilosi con noncuranza e stranamente orecchiabili, difficili da decifrare ma comunque onesti, sempre alla ricerca dell’invenzione che non t’aspetti.
Non ci sono drammoni nella loro storia e perciò si finisce per darli per scontati. Ecco perché il loro decimo album Lucifer on the Sofa è il benvenuto. È la loro cosa migliore, persino meglio del mix di chitarre infuocate, ritornelli killer e aggiornamenti intelligenti al canone rock che propongono di solito. Nel glam di The Hardest Cut, nei suoni anni ’70 di The Devil & Mister Jones e Lucifer on the Sofa, nella ruvida Held sono più Spoon degli Spoon.
Nel disco c’è spazio anche per l’urgenza tipica della post pandemia. Dopo un paio di dischi in cui sperimentavano col digitale – They Want My Soul del 2014 e Hot Thoughts del 2017 – in Lucifer tornano alle vibrazioni eccitanti di una band che suona dal vivo, come succedeva nel loro classico del 2002 Kill the Moonlight. “Canto a squarciagola, mi batto il petto”, canta Daniel in My Baby. Ecco.
La voglia di tornare al vecchio rock’n’roll è chiaro nei titoli, semplici ed essenziali come Wild, Feels Alright e My Babe. La prima sembra un omaggio feroce a Neil Diamond, come se Daniel cantasse soffocato dal caldo di una notte d’agosto. Ha detto che durante la quarantena ha ascoltato parecchia musica degli ZZ Top, texani come lui, ed è evidente ascoltando le chitarre torride che si intrecciano con la batteria di Jim Eno, sempre preciso e ipnotico. Per ogni brano languido e dal ritmo lento c’è un pezzo come Astral Jacket, pieno di stravaganze alla Ray Davies.
C’è persino un pezzo intitolato On the Radio e il titolo dice tutto: è la storia di un fanatico indie rock degli anni ’90 e della sua vita alla ricerca di un’ode di salvezza nelle radio FM. È un’idea assurda nell’era dello streaming, l’equivalente del 2022 della Little River Band che in Reminiscing del 1978 cantava di ballare sulla musica di Glen Miller. E però Britt Daniel canta le sue radici rock con l’intensità di un fanatico religioso. Lucifer on the Sofa suona come la rinascita di un sogno.
Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.