Caso letterario prima ancora della pubblicazione (è già stato venduto in 22 Paesi, cosa rara per un romanzo italiano) è la terza opera montanara di Cognetti, dopo Il ragazzo selvatico e alcune ispirazioni di A pesca nelle pozze più profonde. È il racconto di un apprendistato all’amicizia e alla vita, attraverso il rapporto tra Pietro, il protagonista, e Bruno, un ragazzino che abita nel paesino ai piedi del Monte Rosa, dove Pietro e i genitori trascorrono l’estate. Bruno è nel suo habitat (cura le vacche e in agosto parte con i parenti per raggiungere un alpeggio), mentre Pietro è un ragazzino di città, che viene iniziato all’amore per la montagna dalla madre, assistente sociale, e dal padre, un uomo irrequieto confinato alla prigione del lavoro in città, spesso imperscrutabile, ma capace di grandi dolcezze. In narrativa non ci sono temi più universali del paesaggio, dell’amicizia e del diventare adulti, e la scrittura di Cognetti si fa classica (ed elegante) per raccontare al meglio questa storia. Credo sia per questo che Le otto montagne è stato così apprezzato all’estero. Per molti, quando si parla di romanzo a tema “montagna” la prima cosa che viene in mente è Mauro Corona, e le sue elegie minime da eremita in divisa. Qui non c’è niente di tutto questo. C’è solo il romanzo vero di un bravo scrittore.
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