Trova il bambino di tre anni più intelligente che tu conosca. Non un prodigio, non un genio, solo il bambino più intelligente nella stanza. Ora, prova a spiegare la fisica quantistica a lui o lei.
E poi, quando hai finito, trova un adulto. È un termine nebuloso, siamo d’accordo. Ma punta a qualcuno sopra l’età di, diciamo, 35 anni. Probabilmente ha studiato all’università. Possibilmente con un impiego. Non è necessario che sappia come ottenere un grande tasso di rifinanziamento del mutuo, ma per intenderci, dovrebbe essere in grado di dirvi chi è Jimmy Carter. Ora, spiega a loro il fenomeno dei Pokémon. Prenditi il tuo tempo.
Quindi? Chi ha capito meglio alla fine?
Ci sono alcuni aspetti di Pokémon: Detective Pikachu che, naturalmente, non richiedono di essere esperti di Poké Ball. Non c’è bisogno di sapere la differenza tra uno Squirtle e un Sandslash per seguire Tim Goodman (Justice Smith, la cosa migliore di The Get Down di Netflix), il figlio di un detective alla ricerca dell’assassino di suo padre. Non c’è bisogno di conoscere il testo della sigla dei Pokémon per capire che Ryme City, la metropoli dove queste creature vivono fianco a fianco con gli umani, è fondamentalmente quello che si otterrebbe se l’odierna Tokyo facesse un figlio con Cartoonia e la Los Angeles scioccante di Blade Runner. O, per quanto possa interessare, che il magnate murdochiano (Bill Nighy) che l’ha costruita e suo figlio (Chris Geere) che gestisce la sua rete di notiziari televisivi siano l’emanazione del male più puro.
E sicuramente non c’è bisogno di un dottorato di ricerca sulle tecniche di addestramento di queste bizzarre creature per subire il fascino quasi universale di Pikachu, quel Pokémon giallo peloso e così preternaturalmente carino da far cariare i denti alla vista, con il suo piccolo cappellino di Sherlock Holmes e il senso dell’umorismo di Ryan Reynolds (che gli dà la voce nella versione originale, ndt). Abbiamo visto tutti Deadpool, quindi sappiamo com’è lavorare con l’attore canadese: lasciargli fare il suo saggio gioco di improvvisazione sotto le mentite spoglie di un ragazzo adorabilmente malizioso, dipendente dal caffè, un’idea così perfetta per l’atmosfera che i sette autori accreditati (ma pensiamo che il numero effettivo di scrittori coinvolti sia almeno il doppio) stavano cercando per il film. Bisogna capire, però, quale fosse l’obiettivo originario: fare un film live action con Pikachu, o convincere la star a dargli voce.
Ma è possibile che qualcuno che non abbia mai avuto una visione completa di tutto quello che circonda i giochi, i manga, i film, le carte da collezione e qualsiasi altra forma assunta dai Pokémon da quando abbiamo iniziato a scrivere questa frase potrebbe guardare i primi 10-15 minuti di questo film e non avere minimamente idea di cosa stia succedendo. E anche dopo essersi sorbiti il breve riassunto che spiega la trafila fondamentale di allenatori, sfere e sfide, viene da chiedersi perché dovremmo sentirci coinvolti in tutto questo senza essere già un pokémaniaco. Pokémon: Detective Pikachu è davvero esclusivamente per i fan, nel modo migliore e peggiore possibile. Se si vive, si mangia, si respira e si defecano queste cose, si ha voglia di vedere questo mondo, realizzato con dettagli così realistici e con un design allucinogeno color caramella. O meglio, un sogno che diventa realtà. Tutti gli altri probabilmente si sentiranno come se fossero stati inconsapevolmente drogati.
Forse ci dovrebbero essere due recensioni, una di e per i fan più accaniti e una per i cinefili confusi che potrebbero vedere solo un generico film investigativo. Ci sono i fan, e ci sono tutti gli altri. Pikachu Detective non è un film facile per chi deve ancora salire a bordo. Pokémon: Detective Pikachu non è qui per convertire nessuno, è qui per predicare a chi è già convertito. Chiaramente, anche gli spettatori non allenati possono scegliere di andare a vedere questo film. Ma attenzione, non significa che il film sia disposto a scegliere voi.