Rivers Cuomo è una specie di cipolla: strati su strati di allusioni ironiche, di depistaggi gentili, di battutine saccenti, tutto per nascondere un animo sensibile. È questo gioco di prestigio emotivo che ha reso Sweater Song, una canzone basata sulla metafora di un maglione che si srotola fino a lasciare Cuomo a contorcersi sul pavimento indossando solo dei boxer di Superman, allo stesso tempo divertente, stucchevole e persino commovente. Canzoni così li hanno aiutati a distinguersi dalle atmosfere cupe del grunge. È un modo di scrivere che, all’epoca di Pinkerton, confondeva i fan. Ma è anche quello che li ha riconquistati ogni volta che i Weezer sembravano aver perso la capacità di cavalcare i trend del pop-rock, con canzoni come Island in the Sun, Beverly Hills e Africa (la capacità di scrivere melodie maledettamente orecchiabili ha aiutato, ovviamente).
Che cosa succede, allora, quando Cuomo decide di aprirci il suo cuore? La risposta sta in OK Human, il 14esimo album in studio dei Weezer.
In questo disco, con un titolo che strizza chiaramente l’occhio a Ok Computer dei Radiohead, la band ha scambiato le chitarre elettriche con lussuosi arrangiamenti d’archi. Il risultato è un omaggio abbastanza esplicito ai classici del pop da camera come Pet Sounds e Let It Be, ma senza la natura confessionale del primo, né il sentimentalismo del secondo. Al contrario, Cuomo stempera il suo senso dell’umorismo con l’umore della musica e considerazioni sul mondo che ha di fronte.
Considerando che ha finito di scrivere il disco dopo il lockdown, sembra che i testi parlino direttamente di questi tempi. Ci sono cinema affollati da evitare (Aloo Gobi) e audiolibri da ascoltare (Grapes of Wrath), la disperazione per i figli ossessionati da iPad e iPhone (Screens) e la fuga dalle interviste su Zoom (Playing My Piano). Come sempre, le brillanti melodie vocali di Cuomo – il filo più evidente che lo lega a Brian Wilson – gli permettono di non uscirne male quando i testi sono dei messi disastri, come il passaggio sull’ombrello che lo fa sembrare la ragazza del logo della Morton nell’allegra Here Comes the Rain. Il fiuto per i ritornelli orecchiabili gli permette di elevare versi piuttosto mediocri, come quelli nella coda di All My Favorite Songs.
Troppo spesso, però, l’abilità di Cuomo nel descrivere i suoi sentimenti, invece di infonderli nelle canzoni (come faceva il paroliere Tony Asher con i pezzi di Brian Wilson), impedisce a OK Human di essere un gran disco. I glissati degli archi in stile Beatles e i fiati di Grapes of Wrath, che parla di come tirare fuori il meglio dall’isolamento affidandosi ad Audible, perdono umanità grazie a frasi come “Frodo è in crisi d’astinenza dall’anello”. I giorni in cui Cuomo si struggeva per le ragazze emo sono lontani – adesso è un cinquantenne con una famiglia felice – e non c’è modo di evocare le nostalgie da ventenni di un Pet Sounds. Solo Numbers, dedicata a chi si sente maltrattato e inadeguato, trova il giusto equilibrio tra sensibilità e arrangiamenti orchestrali disneyiani. È una canzone sentimentale, sì, ma non melensa. (C’è un’altra cosa che impedisce al disco di essere grande ed è la batteria di Pat Wilson che invade il campo di molte belle parti degli archi. Non è davvero colpa sua, qualunque percussione starebbe tra i piedi di dozzine di musicisti di un’orchestra).
In ogni caso, il sentimentalismo non è mai stato il cuore delle canzoni dei Weezer. L’anno scorso la band voleva pubblicare Van Weezer, un tributo all’hard rock anni ’80, ma la pandemia l’ha costretta a rimandarlo, lasciando tempo a Cuomo di finire OK Human. Il disco “perduto” dovrebbe uscire tra qualche mese. Ma è proprio la ricerca di un certo pathos che rende OK Human, beh, umano. Se Cuomo abbassasse del tutto la guardia, se ignorasse ogni imbarazzo, forse scoprirebbe che è in grado di fare un disco grandioso.
Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.